11 novembre 2010

Viale del tramonto (italiano)

Qualche giorno fa Mario Draghi, Governatore della Banca d’Italia e una delle poche figure istituzionali italiane davanti alle quali i potenti del mondo non si danno di gomito ridacchiando come scolaretti, ha partecipato ad un convegno ad Ancona. Nel suo intervento ha detto molte cose interessanti, ma ovviamente i media italiani hanno evidenziato ciò che faceva comodo alle schermaglie del feudo di appartenenza, mettendo da parte ciò che era più rilevante. Secondo il Giornale al centro del discorso di Draghi c’era il problema della produttività che rallenta la crescita italiana, secondo il Corriere invece le preoccupazioni del Governatore sono da individuare nella precarizzazione del mercato del lavoro.
Tutta fuffa: Draghi ha fatto un discorso di grande (e nefasta) visione, dicendo cose che nessuno ha il coraggio di dire perché bisogna tenere l’opinione pubblica anestetizzata, come sosteneva che accadesse ai viaggiatori di un aereo in caduta il Tyler Durden di Fight Club.

L’intervento di Draghi andrebbe letto tutto (qui), ma provo a farne una sintesi: il paese va a puttane (o escort se vogliamo essere moderni).
Il Governatore osserva come tutta l’Europa sia in una fase di ripiegamento: nel 2000 i paesi dell’area euro producevano il 18% del Pil mondiale, ora il dato è in caduta e, secondo le previsioni del FMI, quella percentuale sarà del 13% nel 2015 perché erosa dalla potente crescita orientale. Il che significa, per dirla con un slogan politico di successo, “Meno soldi per tutti”.
Mal comune mezzo gaudio? No, perché l’Italia tende a patire di più: il nostro sistema economico, basato sulla tanto decantata micro imprenditorialità, rischia di essere strozzato perché “oggi l’innovazione riguarda principalmente i prodotti e la loro diversificazione, per le imprese più piccole si rivela sempre più difficile sfruttare le economie di scala e competere con successo”.
Julio Iglesias annuncia
l'inizio della crisi
E il fenomeno è già in atto, è già visibile per chi non ha i sensi annebbiati dalla dissennata contesa politica che sta consumando i nervi degli italiani da 15 anni. Ecco l’aumento medio annuo del Pil x abitante in Italia:   
anni ’70: +3,4%
anni ’80: +2,5%
anni ’90: +1,4% 
anni ’00: +0,2% (dato ancora incompleto) 
Praticamente lo stesso decremento che c’è stato nella qualità della musica pop nel medesimo arco temporale.


Il viaggio nel tempo avrebbe
potuto evitare la crisi del '600?
In conclusione Draghi osserva come l’Italia abbia già sofferto nel passato un lungo periodo di crisi: nel ‘600 nel giro di tre generazioni il paese passò dall’essere il più ricco del pianeta (dopo l’Olanda) a nazione sottosviluppata, condizione che durò per oltre 2 secoli. E cosa causò questa prolungata crisi? I fattori furono molteplici: crisi internazionali (fattore esterno), ma, soprattutto, salari non coerenti, un elevato carico fiscale, un difetto di capacità imprenditoriale. Il paese non fu in grado di reagire alla crisi perché “il potere e il conservatorismo caratteristici delle corporazioni bloccarono i necessari mutamenti tecnologici e di qualità che avrebbero potuto permettere di competere con la concorrenza straniera”.
Non provate un gelido brivido lungo la schiena e una bizzarra sensazione di dejà vu?
E a volte i dejà vu sono particolarmente inquietanti...


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