30 novembre 2010

Spectre

Il nostro Ministro degli Esteri, quello che ha l’aplomb di un modello di impermeabili e l’eloquio di un calciatore a inizio carriera, in questi giorni ha avuto un bel da fare per tentare di smorzare preventivamente, l’effetto delle rivelazioni di Wikileaks. Chiunque sappia qualcosa degli ambienti diplomatici sa perfettamente di quale considerazione internazionale l’Italia abbia goduto in passato e come questa fama, già non positiva, sia precipitata a livelli sudamericani negli ultimi anni grazie alle performance fuori dagli schemi del nostro amato leader che si ostina a comportarsi con la bonomia dell’uomo di strada in ambienti che, volenti o nolenti, sono ancora profondamente aristocratici.

Il Ministro Frattini ha dichiarato ufficialmente il 26/11 che stavano per emergere “vicende delicate che rappresentano il sintomo di strategie dirette a colpire l’immagine dell’Italia sulla scena internazionale, mettendo nello stesso cesto non solo pere con mele, ma anche palline da ping-pong e fagiani: l’attacco a Finmeccanica è un’inchiesta della magistratura italiana su un’azienda italiana, i rifiuti di Napoli ed il crollo di Pompei sono fulgidi esempi della cattiva amministrazione del nostro paese, mentre la rivelazione di rapporti riservati della diplomazia USA è un colpo assestato alla super potenza occidentale, o a ciò che rimane di essa. Il 28/11, sempre in via preventiva, Frattini ha dichiarato che il mondo fosse in procinto di assistere “all’11/9 della diplomazia”. 

Il gatto della Spectre è Romeo
e vuole conquistare il Colosseo
Insomma, il governo ha cercato di tenere il basso profilo sulla vicenda. Ma se si pensa al complotto sarebbe interessante sapere chi si sospetta ci possa essere dietro. Ovviamente questo non può essere fatto in quanto nessun complotto c’è ai danni dell’Italia, paese che contando assai poco sulla scena internazionale è stato appena sfiorato dalla documentazione (ancora sommaria) di Wikileaks. A meno che qualcuno non pensi seriamente che ci sia una Spectre planetaria che, visto che ormai James Bond ha passato la novantina, si è convinta che sia giunto il momento di conquistare il mondo e che l’Italia possa essere un primo passo verso la scalata globale.
Ovviamente non c'è nulla di tutto questo e il grido "complotto" è una stratagemma sempre utile quando si vuole ammansire l'opinione pubblica: la trama internazionale crea paura e bisogno di unione, la suggestione dei fumosi poteri mondiali tende a compattare quel pezzo di opinione pubblica che si riconosce nella destra berlusconiana.  

Ciò che è avvenuto in questi giorni (e che si svilupperà nelle prossime settimane: al momento sono stati vagliati meno di 300 documenti su 250.000) è ben più interessante. In primo luogo emerge la figura di Juliane Assange (accetto scommesse sul fatto che sarà l'uomo dell'anno di Time), definito hacker e giornalista, ma che non è nè l'uno nè l'altro, ma che ha compreso meglio di tanti i meccanismi della nuova comunicazione. Creando un brand fortissimo (quello di Wikileaks) e accentrando su di se un'attenzione planetaria non indifferente, con una sorta di personalizzazione del marketing che mi ricorda Steve Jobs, la cui immagine è indissolubilmente legata ai suoi prodotti. 
In secondo luogo appare chiaro come i governi di tutto il mondo non abbiano ancora valutato a dovere il cambiamento delle nuove tecnologie nella gestione delle informazioni: la rete che conteneva i telegrammi diplomatici diffusi (e valutati nè Secret, nè tantomeno Top Secret) era accessibile a 3 Milioni di funzionari americani e questo oggi rende quasi inevitabile delle perdite. Un tempo sarebbe stato complicato portare via un faldone con 250 mila pratiche, adesso con pochi secondi di download ed una pen-drive da 10 euro si può fare un'originale regalo di natale all'opinione pubblica internazionale.

Tutto questo non porterà al funerale della diplomazia segreta che è sempre esistita e sempre ci sarà, ma dovrà far maturare nei sistemi d'intelligence di tutto il mondo una nuova filosofia della sicurezza e della diffusione delle informazioni. Già qualcuno dice che Assange è un Robin Hood moderno, altri sostengono che sia un pupazzo manovrato da potenze straniere che vogliano accelerare il declino americano. Credo che non sia nulla di tutto questo, anche se la componente dell'eterodirezione non si può accontonare del tutto. Assange è un uomo che ha individuato, per primo, una falla enorme nella concezione stessa dei sistemi informatici moderni e ci si è inserito dentro: questa è l'era della condivisione orizzontale, mentre l'intelligence è per definizione segreta (informazioni riservate) e verticale (informazioni raccolte singolarmente dal basso e valutate complessivamente dall'alto). Questi due sistemi non possono convivere. Assange lo ha compreso e con un gesto dalla forte valenza anarchica lo ha mostrato al mondo.

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