15 marzo 2011

Radio LonTra

Ferrara torna in TV con Radio Londra, pillola quotidiana di approfondimento che aveva già condotto per 5 anni sulle reti Mediaset con alterne fortune (esordì su Canale 5 per poi sprofondare tra i quiz e i cartoni animati di Italia 1).
La scenografia è praticamente identica al modello originale, con un gradevole gusto retrò e una scrivania rotante che fa venire in mente gli uffici tecnologici che Ken Adam disegnava per i cattivissimi capi della Spectre che tentavano di conquistare il mondo nei film di James Bond. Cambia la musica, un tempo la dolce Moonlight Serenade, oggi uno swing più sbarazzino, più allegro (forse per i 3 mila € a puntata del conduttore), da varietà del sabato sera degli anni ’60, di quelli che ti fanno pensare a Mina e Walter Chiari, al bianco e nero e ai vestiti optical, a conduzioni garbate e ad acconciature cotonate. La regia è efficace, ben sincronizzata sullo sguardo del conduttore, che al contrario di tanti colleghi della carta stampata sa nuotare bene dentro l’acquario televisivo.

Il tema, un po’ a sorpresa, è la tragedia giapponese, che permette al giornalista nei primi minuti (dei 5 complessivi) di evidenziare le differenze culturali tra il popolo del Sol Levante e la società occidentale. Poteva essere un ottimo inizio per fare una riflessione di ampio respiro e colta sulle differenze che ancora ci sono tra la cultura occidentale declinante e quella dell’estremo oriente in ascesa.
Poteva, ma le cose non sono andate cosi. Dopo 4 minuti di fumose e un po’ inconcludenti ciance sul terremoto, la natura, il Giappone, la paura, la filosofia della vita e la mentalità orientale, ecco l’improvvisa svolta, anzi picchiata, che precipita il Direttore del Foglio dalle altezze dei massimi sistemi al meschino cortiletto di casa nostra: “quando discuteremo del nucleare dovremo avere la stessa calma (dei giapponesi) per il futuro nostro, dei nostri figli e dei nostri nipoti”. Cioè, alla fine tutta la tirata filosofeggiante si riduce ad una richiesta di non farsi prendere dal panico quando tra qualche setttimana si dovrà decidere, con referendum, sulla reintroduzione in Italia dell’energia nucleare, definita da Ferrara “fonte indispensabile per i prossimi anni”. Affermazione questa tutta da dimostrare perché se fosse vero che il nucleare è indispensabile il mondo sarebbe prossimo alla fine dato che le scorte di uranio dovrebbero durare per non più di 50 anni.
Ma è la chiusa del conduttore a sorprendere, equlibrata e ragionevole: se il Giappone non dovesse riuscire ad evitare l’incidente atomico, l’Italia dovrà riflettere con attenzione se sia il caso di tornare all’uranio perché come dicono gli inglesi “better safe than sorry” (e via di swing con i titoli di coda). 

Un punto di vista condivisibile e un po’ sorprendente per quello che era atteso come la testa di ariete televisiva del berlusconismo più intransigente. Ma l’ormai vecchio VetrioloV ha un sospetto, perché l’età porta con se un po’ di rincoglionimento, ma anche tanta sana cautela: l’equilibrio di Ferrara, il suo stare ben lontano dalla partigianeria militante dei portavoce ufficiali del Governo, è una tecnica accuratamente studiata che mira a creare sin dalla prima puntata un legame solido con il vasto pubblico di Rai 1, affinchè il giornalista venga percepito come autorevole e, soprattutto, equilibrato, capace anche di parlare contro le scelte della maggioranza. Secondo il fine stratega Ferrara, il referendum sul nucleare è un pezzo sacrificabile nell’attuale scacchiera politica, se questo serve a creare per sé un’aura di opinionista ragionevole e obiettivo. Cosi da risultare più convincente quando il gioco si farà duro e si affronteranno temi ben più delicati (giustizia, economia, riforme), sui quali si deciderà il futuro politico di SB. 
L'apertura soft del programma non tragga in inganno: nei prossimi mesi ne vedremo delle belle...e per avere un'idea su ciò che ci aspetta basta vedere il Blog monografico in fondo.

Dicono di Giuliano Ferrara:
Un atleta straordinario, un modello per me” - Hakuho Sho, campione di Sumo
Ogni volta che vedo Ferrara in tv metto mano alla mia confezione di WeightWatchers” - Joseph Goebbels, capo della propagnada nazista
Ma che me volevi fregà?” – VetrioloV, blogger sconosciuto



14 marzo 2011

Il Premier dal kimono nero

Ormai sta diventando quasi una rubrica per la sua cadenzata perodicità: la maledizione dell’uomo di Hard-core è ormai drammaticamente acclarata. 
Già nel post Miracolo italiano ricordavo le iatture dei primi dieci anni del millennio avvenute durante il regno arcoriano, poi, nel post Amico è, evidenziavo come i malefici del nostro Premier avessero travolto tutti i discutibilissimi “amici” del Nord Africa.
Adesso purtroppo è la volta del Giappone. Il Cavalier Menagramo aveva già favorito un micidale tsunami nel 2004 (III anno dell’Era B.), ed evidentemente la calamità gli è congeniale visto che i suoi nefasti poteri he hanno favorito una ripetizione a dir poco sconcertante: due maremoti devastanti provocati da potentissimi terremoti (scala Richter 9) nel giro di soli 6 anni. La possibilità scientifica che due eventi di tali catastrofiche dimensioni si ripetessero nel giro di un cosi breve lasso di tempo erano le stesse che ci sono di vedere la Santanchè, in scarpe da ginnastica e con il pugno chiuso, a cantare “Bella ciao” ad una manifestazione femminista organizzata da Democrazia Proletaria.
Ma ormai i super poteri del nostro Premier sono degni del Galactus della Marvel.
Il legame tra il Premier e i tragici fatti nipponici sono due. In primo luogo, la decisione di far tornare il nostro paese nella “modernità” e nella “sicurezza” nucleare ha subito scatenato un pericoloso incidente nei reattori di Fukushima. Ma vi è anche stata una certa complicità del  Primo Ministro Naoto Kan che, sordo agli avvertimenti miei e della comunità internazionale, ha avuto l’ardire di avere un contatto telefonico con l’Innominabile brianzolo, pochi giorni prima che la furia della natura si abbattesse sullo sventurato arcipelago nipponico.

PS: nel caso la Santanchè fosse interessata suggerirei di allenarsi in questa versione vocale di "Bella Ciao"

11 marzo 2011

TG Nonno

Che il controllo della TV sia assolutamente ininfluente nelle moderne democrazie è una balla colossale, di quelle che non oserebbero proferire nemmeno i portavoce più disponibili alla prostituzione intellettuale. Certo esistono altri mezzi di comunicazione, ma questi sono ad appannaggio principalmente delle fascie anagrafiche più giovani, e questo è un paese vecchio, sia dentro che fuori.

Qui sta il cuore del problema e un recente studio lo dimostra in maniera evidente. Il cuore della società italiana, anziano e residente in provincia, si abbevera alla fonte informativa della TV: l’età media del telespettatore del TG1 (il programma di news più seguito nel nostro paese con uno share medio del 25%) è di 59 anni (la stessa del TG3), il TG4 arriva a 57 anni (strano, avrei detto 97), il TG5 ha una media di 50 anni, poco meno il TG2.

In Italia l’80% della popolazione basa la propria conoscenza su ciò che accade nel mondo sull’informazione televisiva e chi controlla questa ha il vantaggio totale nel match della comunicazione politica. Controllare la TV significa controllare il presente, ma soprattutto il passato: il compito dell’informazione è quello di analizzare, mettendo a confronto ciò che si fa oggi con ciò che si è detto ieri, comparare le promesse elettorali (passate) con la loro realizzazione (presente), commisurare i risultati raggiunti con quelli per cui si è preso impegno. Il controllo TV permette di evidenziare gli obiettivi centrati ed ignorare quelli falliti ovvero modificare in corso d'opera le promesse fatte. Insomma, permette di nascondere in cantina il “milione di posti di lavoro”, spazzare sotto il tappeto il miraggio del “meno tasse per tutti”, occultare in soffitta la cancellazione dell’“odiosa” IRAP, imboscare nella fureria della vita pubblica il dimezzamento della disoccupazione, non trasmettere il baciamano a Gheddafi quando questo bombarda i suoi concittadini.
Nonostante la web revolution degli ultimi 10 anni la TV è ancora la zona nevralgica del campo, la parte centrale della scacchiera, il luogo della battaglia decisiva. E questo spiega il perché del fastidio per le trasmissioni invise e l’attivismo per crearne di filo-governative in una fase in cui gli indici di gradimento del Premier sono ai minimi. Sostituire al più presto la verità fattuale con la verità della TV. Sradicare il declino italiano con il migliore dei mondi possibili.
Mancano 24 mesi alle elezioni politiche (forse meno): bisogna potenziare le armi di distrazione di massa.


3 marzo 2011

Mitologia di destra

Uno dei cardini del berlusconismo è il mantra ripetuto ossessivamente in ogni occasione: la maggioranza degli italiani è con noi. E' il mito fondante di tutta la comunicazione governativa e come tutti i miti è una narrazione con elementi sacrali (la sacralità del popolo, l'infallibilità delle urne, la santità dell'elettore...ma solo quando si vince).

Diceva Goebbels, il nazista stortignaccolo che esaltava la bellezza della razza ariana cui evidentemente non apparteneva, “una menzogna ripetuta all’infinito diventa la verità”. E questo è uno dei principi fondanti della comunicazione berlusconiana: ripetere all’infinito menzogne, false verità, mezze bugie e sofismi arzigogolati fino a farle diventare un unico flusso compatto d’informazioni in grado di calarsi nelle menti di un pezzo consistente di opinione pubblica. Certo, il gioco sarebbe complesso in una normale democrazia occidentale, ma da noi può funzionare grazie all’esteso controllo del mezzo d’informazione più diffuso e alla storica sudditanza del giornalismo nostrano, manzonianamente vaso di coccio tra i vasi di ferro del potere economico e di quello politico.

La più netta vittoria conseguita dal centro-destra è stata quella alle ultime elezioni del 2008 che ha dato all’attuale maggioranza un ampio controllo della Camera (ma meno di quanto comunemente si creda: 344 deputati su 630). Il neo-costituito PdL ottenne il 37% dei voti, mentre la Lega, autoproclamatosi partito del popolo del nord, prese l’8% (superando il 20% solo in 2 regioni, Lombardia e Veneto, delle 8 che compongono il settentrione). Quindi la grande maggioranza degli italiani che sostiene Silvio Berlusconi sarebbe appena del 45% (37+8).
Non sono
meteoropatico!
In realtà questo è un dato ancora grezzo, bisogna infatti tener conto di tutto il corpo elettorale. D’altronde se si sostiene che il popolo è con se, mi sembra giusto considerare tutto il popolo. Ebbene gli aventi diritto al voto alla Camera nel 2008 (cioè i maggiorenni) furono poco più di 50 Mil, oltre 10 Mil di questi disertarono le urne (la % di votanti fu del 78%). Considerando gli astenuti le percentuali dei “partiti del popolo” crollano al 27% (PdL) e 6% (Lega), se proprio volessi essere pignolo (tipo Furio Zoccaro) e tenessi conto del milione e passa di schede nulle o bianche queste % andrebbero ulteriormente limate di qualche decimale. Ma lasciamole cosi, che non mi si dica che sono sono troppo fiscale o che sono meteoropatico. 

La grande maggioranza berlusconiana nelle urne si riduce cosi ad appena il 33% degli elettori.
Nonostante il controllo proprietario dei 3 maggiori network privati.
Nonostante l’ascendente sulla RAI (poi straripato dopo la vittoria elettorale).
Nonostante la proprietà di alcuni dei magazine più diffusi nel paese (Chi e TV Sorrisi, e per gli amanti delle letture meno impegnattive Panorama).
Nonostante il potere finanziario del 90° uomo più ricco del mondo (classifica Forbes 2008).
Nonostante la tendenza tipicamente italiana evidenziata da Flaiano di saltare sul carro del vincitore.
Nonostante tutto questo, il Re di Hard-core (© Dagospia) chiama il popolo alle urne per salvare il paese dai comunisti divora bambini, dai magistrati liberticidi, dagli immigrati affamati di donne italiane, dagli omosessuali affamati di uomini italiani, dai loschi burocrati di Strasburgo, dalle elite intellettuali e parassitarie, dalle legioni infernali, dai Mangia-Morte di Voldemort e da Gambadilegno e Spennacchiotto...e prende solo il voto di un italiano su tre?!
Ma che scarso!

23 febbraio 2011

Amico è

L’ho scritto in tempi non sospetti (nel post Miracolo Italiano): il nostro glorioso Premier porta una sfiga leggendaria.
Per quanto riguarda gli inquietanti pregressi vi rinvio al suddetto post, questo è un mero aggiornamento legato all’attualità. Giusto 2 mesi fa il Presidente del Consiglio ha dettosono legato da amicizia vera con il presidente egiziano Mubarak, con il presidente libico Gheddafi e con il presidente della Tunisia Ben Ali”.
Ricapitolando: 
L'amico vero Ben Alì, dopo 23 anni di potere assoluto, viene costretto alla fuga dalle proteste di piazza a gennaio. Secondo voci (poco credibili) sarebbe morto.
L'amico vero Mubarak, dopo 30 di governo, è costretto alla fuga dai moti che infiammano Il Cairo.  Secondo voci (anche queste ben poco credibili) sarebbe morto. 
L'amico vero Gheddafi tiranneggia in tranquillità il proprio paese, da oltre 40 anni, ma poche settimane dopo la letale dichiarazione d'amicizia si ritrova le piazze del proprio paese intrise del sangue dei contestatori e la comunità internazionale lo mette nell'angolo. Nessuna voce di una possibile morte, ma in questo caso è l'esito finale più probabile.
In certi casi è assai opinabile ciò che diceva Dario Baldan Bembo. E’ tutto da dimostrare che “l’amico è qualcosa che più ce n’è meglio è”


22 febbraio 2011

Garantismo ad orologeria

"Bisogna ammanettare Travaglio fomentatore di violenza odio ecc, altrimenti sarà troppo tardi"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

21 febbraio 2011

(proposta di) Comunicato Stampa della Farnesina

Gheddafi preoccupato per le sorti
del suo più stretto collaboratore
a Bengasi, Ciccen Ingrois

Il Governo Italiano manifesta la propria solidarietà e la massima fiducia nel Governo Libico legittimamente alla guida del Paese, attaccato in questi giorni da facinorosi manifestanti che anziché dedicarsi allo studio o al lavoro, bighellonano pericolosamente per le vie di Bengasi e Tripoli costringendo le forze dell’ordine a far uso di missili sulla folla, certamente costituita da radicali islamici, per non parlare delle probabili infiltrazioni comuniste guidate dal Movimento Bolscevico della Cirenaica, noto per le sue alleanze internazionali con organizzazioni estremiste come i famigerati Nazisti dell’Illinois.

In un momento cosi difficile per il nostro amico Gheddafi, che ci ha onorato di numerose visite ufficiali nel biennio 2009/10, ribadiamo che il liberatore della Libia è un “cliente originale dell’Italia” (cosi come dichiarato dal PdC Silvio Berlusconi il 13/6/09) e che “chi non capisce che l’amicizia tra Libia e Italia è un vantaggio per tutti appartiene al passato ed a schemi superati” (sempre SB 30/8/2010). I nostri rapporti con il Rais “non li ha nessun altro paese” (Frattini 2/9/10) e in virtù di ciò il Governo Italiano garantirà il massimo appoggio all’amico africano in questo delicato passaggio storico.

Nel caso in cui gli eventi volgessero al peggio e l’avventata forza della storia dovesse rovesciare il governo libico, l’Italia s’impegna a fornire ospitalità e protezione  al Rais e alla sua famiglia. Il  Presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, noto per la prodigalità e per la sincera amicizia con il leader libico, metterà a disposizione di tutto l’entourage del “Colonnello” la propria magione sarda (Villa Certosa), una volta sgomberata dei terremotati abruzzesi e attrezzata con una tenda beduina munita di saletta Bunga-Bunga.

18 febbraio 2011

Bindi Premier: un'antologia d'Hamore

Meglio un Berlusconi in mutande che la Bindi vestita! 

Con Bersani leader del PD Berlusconi avrebbe avuto ottime possibilità di rivincere le prossime elezioni. Se però leader dell'antiberlusconismo sarà la Bindi (o Vendola il gay), allora Berlusconi avrà la matematica certezza di stravincere.

speriamo speriamo speriamo! Magari la sinistra scegliesse la Bindi, così vinciamo per altri 50 anni!!! ....certo che il solo proporre una persona, astiosa, invidiosa, livorosa una che ha fatto dell'odio al premier la sua ragione di vita (daltr'onde con quella faccia non è che le restassero molte alternative) dimostra ancora una volta la pochezza che regna tra l'opposizione, nonostante il Premier ci abbia messo del suo nel dargli una mano, se sono ridotti alla Bindi siamo a cavallo.... e ricordando le Sue accorate parole " non sono una donna a sua disposizione!"mi viene spontaneo: meno male!

Perchè no: avremo un governo più bello che intelligente! Ma non avevano altri da proporre. E proprio vero si invecchia e non si diventa più saggi, ma alcuni, tanti, me compreso, diventano rinco.......i. Anche Vendola, però, non scherza.

Contro la Bindi, persino Sbirulino vincerebbe. E' una donna da cortile la BIndi, acida, bonacciana e petulante, demagogica, ipocrita, incompetente...diciamo il prototipo del politicante che nella vita non ha mai combinato niente. Attirerà 1 pò di voto femminile, ma perderà molti voti maschili, perchè è odiosa come donna, a prescindere dall'aspetto

Rosy Bindi presidente del consiglio,sostenutada Vendola e Fini e benedetta da Prodi.Cioè un'alleanza di,lesbiche,finocchi e infami,benedetta da uno come Prodi notoriamente dedito,come da lui affermato,alle sedute spiritiche.Scappo nel piu' disagiato paese del mondo: sarebbe comunque migliore di un'Italia rtidotta a questo!

La Bindi come la Tatcher? ahahahahahaha! con quel cervello che si ritrova più che "diversamente nuova" è diversamente abile. Speriamo davvero che venga designata come premier dal PD: ragazzi si vincono le elezioni per almeno altri 4 turnate. E poi al suo compleanno si mettono a cantare "Bella ciao"?..ma per favore, bevete di meno e cambiate pusher!

da Il Giornale - commenti dei lettori

17 febbraio 2011

Il "rappresentabile"

"Gli italiani tutti da nord a sud vogliono il presidente Berlusconi. In assoluto il più affidabile, il più credibile, il più capace, il più rappresentabile per l’Italia"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro


14 febbraio 2011

Il Cinefilo

Lo smutandato Giuliano Ferrara in questa intensa settimana offre diversi spunti di riflessione. Riesumato dal sarcofago dorato del Foglio, giornale che non ho mai visto nella realtà (avete mai visto qualcuno al parco sfogliare sotto il sole il giornale diretto da Ferrara?), l’ex per eccellenza (ex comunista, ex craxiano, ex CIA, ex star della trash tv, ex ministro, ex fondamentalista cattolico) è tornato al centro del dibattito politico nazionale chiamato da Berlusconi per un tentativo di disperata comunicazione d’emergenza in cui egli è maestro: buttarla in caciara, inserendo nello schiamazzo dotte citazioni, tanto per far sembrare la gazzarra di classe.

Il paradosso di Heidegger
sulle cazzate
L'apertura è aggressiva come si conviene ad uno spericolato scacchista ed è  l’intervento fiume in diretta al TG1: quasi 6 minuti di soliloquio, un tempo televisivo che equivale a 4 pagine di editoriale cartaceo soporifero, a base di sofismi anti intellettuali contro i “professoroni”, attacchi al sedicente neo-puritanesimo, citazioni di Cromwell e Kant. Ecco, appunto: buttarla in caciara, elevare una cortina fumogena che confonde e rimescola le acque, ma fatto in modo (apparentemente) dotto, in base al principio per cui se scappa una cazzata basta attribuirla ad Heidegger per fare in modo che suoni convincente. Dice Ferrara che i peccati vanno detti al confenssore, “ma non è possibile trasformare i peccati e i vizi in reati”. Cosa che nessuno sta facendo: i magistrati indagano su fatti specifici (la telefonata in Questura per cui si ipotizza la concussione e il rapporto sessuale con una minorenne per cui si ipotizza la prostituzione minorile). 
La cosa che mi colpisce del giornalista, che ha un ego pari solo a quello di D’Alema, è il risentimento che nutre da sempre nei confronti del giornale Repubblica, cosa che mi fa sospettare che la guida di quel giornale sia il desiderio latente che lo angustia da una vita, come l’uomo che viene respinto dalla donna dei propri sogni e ne diventa per ripicca il più triviale dei detrattori (ma chi quella? Ma quella è una troia!). Al TG1 il direttore del Foglio ha addirittura lanciato una guanto di sfida contro il fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari dicendo che gli piacerebbe confrontarsi con lui perché “se uno è un liberal come loro dicono di essere deve amare il contraddittorio e il confronto”. Affermazione dalla doppia lama pericolosa, visto che se è vero, come è vero, che il confronto, soprattutto televisivo, è il sale delle moderne democrazie, sarebbe opportuno che lo spin doctor al momento alla guida della plancia di comunicazione del Premier, ricordasse al suo assistito il medesimo principio: Berlusconi rifiuta un confronto elettorale sin dal 2006 (contro Prodi), evitandolo sempre quando in vantaggio nei sondaggi (2001 vs Rutelli e 2008 vs Veltroni).

Il giorno dopo sul Foglio esce un’intervista al Premier fatta dallo stesso Ferrara…letteralmente: sia nella forma (non c’è il grassetto che per convenzione separa intervistatore e intervistato) che nella sostanza (le frasi dell’uno e dell’altro sono perfettamente intercambiabili) non vi è distinzione di ruolo, quindi l’intervista non è tale, è più che altro uno sdoppiamento di Ferrara che si pone le domande e si da le risposte alla Marzullo (prodigi della comunicazione politica terzomondista di questo paese).  Un passaggio della parole di Ferrara (che interpreta il Premier) mi ha colpito: in una democrazia il giudice di ultima istanza, quando si tratta di decidere chi governa, è il popolo elettore e con esso il Parlamento, che sono i soli titolari della sovranità politica”. Se avessi il senso di ragno come il fortunato Peter Parker (saltare tra i grattacieli e scopare MJ non denotano mala sorte) avrebbe tintinnato con forza. Questa frase mi ricorda qualcosa…hummm…ecco! Nella famosa scena finale del (mediocre) Caimano, Nanni Moretti mette in bocca al Premier la frase “in una democrazia liberale chi governa può essere giudicato solo dai suoi pari e cioè dagli eletti dal popolo” (potete vederla qui a 5’50’’).

Siamo ormai finiti dentro un film?
Si, direi che siamo sempre più in zona Viale del tramonto.

25 gennaio 2011

Fair Play

"E' avvivato il momento, di dire basta a tutti questi livorosi, e falliti, sinistrati.Io voglio, pretendo, ma cosa?Ma chi siete, prima di ogni altra cosa rispettate i vincitori dell'elezioni. Siete solo dei mendecatti, a sparlare su tutto e su tutti"
da Il Giornale - commenti dei lettori

23 gennaio 2011

Mare Nostrum

Mentre noi, inguaribili romantici di provincia, parliamo di “puttanai” il Mar Mediterraneo torna a sorpresa al centro dei fatti del mondo.
L’Algeria, le cui coste distano poco più di 200 km dalla Sardegna, è scovolta da rivolte popolari a lungo sopite: negli anni ’90 il paese fu uno dei primi ad essere travolto dall’onda lunga del radicalismo islamico, all’inizio di quella decade il Fronte Islamico di Salvezza vinse prima le elezioni amministrative e poi quelle politiche, spingendo l’Esercito a prendere il controllo del paese con un colpo di stato che di fatto bloccò il processo di democratizzazione inizato dalla lotta d’indipendenza  dalla Francia.
In Tunisia (le cui coste sono a 100 Km dall’isola di Pantelleria) gli scontri sono stati ancora più feroci e il paese sembra essersi liberato dal Presidente Ben Alì che guidava il paese, grazie al controllo su polizia e servizi segreti, dal 1987, quando aveva conquistato il potere con l’appoggio di Bettino Craxi.
In Egitto dall’inizio dell’anno ci sono attacchi dei musulmani radicali ai danni della minoranza cristiana del paese (circa 7 Milioni di fedeli). Qui Mubarak domina incontrastato da 30 anni grazie ad un presindenzialismo carismatico forte e ad un quasi assente bilanciamento dei poteri costituzionale, al punto che da tempo si sa che il suo successore sarà uno dei suoi figli. Da notare che questo paese, leader politico e culturale del Nord Africa, è stato la culla del radicalismo islamico grazie alla nascita, già negli anni ’20, dei Fratelli Musulmani, oggi presenti in Parlamento e radicati nella borghesia egiziana.
E poi, per non farci mancare nulla, da qualche giorno si è messa in moto anche l’Albania, paese non solo vicino geograficamente, ma anche culturalmente (l’italiano è la seconda lingua del paese), con morti in piazza durante le dimostrazioni contro la corruzione dilagante nel governo del paese.
Per non parlare della Grecia in cui i moti di piazza dovuti alla cura da cavallo che il paese deve affrontare per risanare i suoi conti pubblici sono iniziati da mesi.

Il Mediterraneo è una polveriera alimentata dalla crisi economica e in cui nei prossimi mesi potrebbero svolgere, nel Maghreb, cioè sulla soglia di casa nostra, un ruolo politico importante i partiti islamici, forti di un largo consenso popolare e dell'esclusione, in modi poco democratici, dai giochi di potere degli ultimi 20 anni. Gli effetti sociali potrebbero essere anche più dirompenti, basti pensare al possibile rafforzamento della propulsione migratoria che inevitabilmente punterà sulle coste italiane.
Il 2011 sarà un anno estremamente complicato sotto il profilo politico per l’intera area e i focolai di protesta sono destinati ad estendersi a causa di una crisi economica che morderà con sempre maggior ferocia soprattutto gli strati più poveri della popolazione. Quale sarà il prossimo paese a vedere le proprie piazze riempirsi di manifestazioni di protesta?

E' possibile che il vento del Nord Africa tocchi la Libia dell’ "amico" Gheddafi, in sella da oltre 40 anni, ma ben presto solcando il mare arriverà anche in Europa occidentale. E dove? I maggiori indiziati, a causa delle sempre più evidenti difficoltà economiche, sono la Spagna e l’Italia. Ma mentre i nostri cugini iberici hanno una costruzione istituzionale ben salda, la nostra architettura costituzionale e politica è stata violentata da quasi 20 anni di berlusconismo e leghismo, che hanno minato la credibilità delle nostre istituzioni e indebolito fortemente la fiducia dei cittadini nei confronti di quasi tutte le figure di riferimento dato che all'abbisogna si spara ad alzo zero contro il Capo dello Stato, i giudici (nell'ordine CSM, Corte Costituzionale, Cassazione, ma se serve si cannoneggia senza problemi anche l'oscuro Giudice di Pace di Isernia), la polizia, la Chiesa, i mezzi d'informazione (quelli su carta o web, la TV rimane il Verbo), la Banca d'Italia, gli organismi europei, Alien, Predator e Duffy Duck.
Il nostro paese è un birillo che sta già vacillando pericolosamente. 
Nei prossimi mesi sapremo se cadrà o riuscirà a ritrovare equilibrio.
Meglio parlare di troie...e ballare come fossimo nei 60's.

20 gennaio 2011

Bè se sa parlare

"Mettetevi in testa, cari comunisti di .......che a noi non interessa la vita privata del premier, ma solo quella pubblica, sa governare, sa parlare, sa cucire i rapporti con l'estero, ecc...questo è importante per noi, perchè non lo capite?"
da Il Giornale - commenti dei lettori

17 gennaio 2011

Islam di governo

"governo ed enti locali,fanno di tutto per favorire i musulmani,e per far mettere radici a loro e all'islam.finiremo come in olanda prima,e bosnia poi.sappiatelo."
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

16 gennaio 2011

Secondo Rinascimento

"Berlusconi è un novello anfitrione altro che mezzano,Anfitrione e Mecenate.E' il fondatore di fatto del 2 rinascimento italiano in qualità di signore della Brianza.Puo' essere paragonato a Lorenzo il Magnifico o a Ludovico il Moro. Questi giudici si fanno abbrutire dalla cronaca nera e dalle allucinazioni visive della sinistra,corrotta e decadente."
da Il Giornale - commenti dei lettori

24 dicembre 2010

Laicisti di destra

"Casini ? è la longa manu del vaticano che fruga nelle tasche e nelle libertà del popolo italiano per derubarlo di libertà e risorse. COME SEMPRE. Fuori dalla società civile italiana questo partito di dipendenti di uno stato straniero che votano CONTRO di noi"
da Il Giornale - commenti dei lettori

21 dicembre 2010

RAI spot

La RAI è un servizio pubblico tutt’altro che perfetto, ma non certo per colpa sua: da decenni è usata malamente dalla classe politica di destra e di sinistra come ufficio di collocamento per la creazione di clientele e come servile strumento di propaganda. Nonostante questo è anche campo di battaglia dei politici che l’accusano di essere di parte: la destra criminalizza lo spazio di Santoro con la stessa veemenza con cui la sinistra attacca il TG1 di Minzolini. Essere uno scenario di guerra rende la televisione pubblica un campo di battaglia apocalittico spesso al centro di polemiche infuocate. Ma la RAI, nonostante tutto, rimane un assett culturale di questo paese con una grande e nobile tradizione. 

Nord e Sud ne La Grande Guerra
Il primo elemento unificatore degli italiani fu la tragedia della Prima Guerra Mondiale quando una generazione che nulla aveva in comune, nemmeno la lingua, si ritrovò a combattere un conflitto incomprensibile nel sangue e nel fango delle trincee del Nord Est, conoscendosi e solidarizzando nella difficoltà. 
Il secondo elemento di unione degli italiani fu, e mi rendo conto che la tesi possa risultare a molti indigesta, il fascismo che fu anche movimento di popolo che galvanizzò per buona parte degli anni ’30 la borghesia e il proletariato, al Nord come al Sud.
Poi fu la volta del boom economico e della connessa emigrazione di massa che fece vivere per la prima volta a stretto contatto milanesi con pugliesi, torinesi con siciliani e, ma questo nessuno lo dice mai, romani con veneti: già negli anni 50 la capitale fu letteralmente invasa da domestiche che fuggivano dalla miseria delle campagne padane, curiosamente, nonostante queste donne fossero migliaia, non hanno lasciato traccia nei cognomi romani perché pur sposandosi e vivendo tutta la loro vita a Roma nessuno dei loro figli e nipoti porta con se tracce di quei cognomi squillanti che finivano con i suffissi –an, -on e –in.

Ma questi elementi hanno avuto connotazioni economiche, sociali e politiche, l’unità culturale l’ha fornita in via quasi esclusiva la RAI che, dal 1954, è entrata prima nei luoghi di ritrovo (i bar, i circoli) e poi nelle case fornendo agli spettatori un linguaggio comune che prima non esisteva a livello di massa. E ora la RAI rivendica con giusto orgoglio questo primato lanciando una gran bella campagna per il canone 2011 (che è la tassa più evasa del paese con 6 Milioni di famiglie che fanno finta di non avere la tv in casa) in linea con il 150° anniversario dell’Unità.
Gli spot, diretti dal regista Alessandro D'Alatri e che trovate alla fine del post, sottolineano, in maniera leggera e ironica con una serie di gag, come aver fornito agli italiani una lingua comune ci abbia permesso di comunicare, di riconoscerci come persone che hanno un legame e quindi di essere Nazione (e non mero popolo). E’ una gran bella campagna di comunicazione, la migliore operazione legata all’anniversario dell’Unità che al momento sia stata fatta (e dubito che ce ne saranno di migliori con l’aria che tira), con la quale la RAI alza la testa e rivendica il suo ruolo di servizio pubblico.

Ovviamente a qualcuno la cosa non è piaciuta e alcuni Leghisti, ritenendo la campagna offensiva nei confronti dei dialetti, hanno risposto con dei video-appelli nelle loro lingue gutturali per boicottare il pagamento del canone.
Ora, a parte il fatto che incitare all’evasione fiscale per chi siede in Parlamento è cosa assai discutibile, soprattutto nella contingente fase economica in cui le casse pubbliche sono drammaticamente sotto pressione, ma va detto che la campagna non ha nulla di offensivo nei confronti dei dialetti, anzi li presenta in forma divertente, ma, giustamente, evidenzia la funzione unificatrice della lingua italiana. 
I dialetti sono un patrimonio della cultura italiana, fanno parte della nostra tradizione localistica e sottolineano il diverso passato delle genti che da 150 anni formano il popolo italiano, ma essi non possono essere conservati attraverso atti di legge. Non ha senso salvaguardare il dialetto insegnandolo a scuola, perché il dialetto è lingua di strada e non di accademia. Il dialetto non va difeso dall’alto perché esso nasce dal basso: il dialetto è patrimonio del Popolo e non del Palazzo. Gli usi linguistici locali vivranno finchè saranno forti abbastanza da continuare a vivere parallelamente all’italiano e non c’è aiuto di stato che possa mantenerli in vita se essi saranno abbandonati dalle persone che ne fanno uso. 
L’uso della terapia intensiva per i dialetti denota debolezza, insicurezza, timore di non saper salvaguardare le proprie tradizioni davanti all’avvento del nuovo mondo globalizzato. I Leghisti amano i toni guasconi, le esibizioni muscolari, il linguaggio ruvido, ma tutto questo sottende, come sempre, una gran paura di non essere forti abbastanza per rimanere se stessi.

17 dicembre 2010

Com'è buono leeeeei

"ON. BERLUSCONI LEI é semplicemente una GRANDE PERSONA"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro


King, Sordatino e Assange

Assange non si capacita
di aver sbagliato la Tris

Qualche giorno fa prevedevo che Julian Assange sarebbe stato eletto uomo dell’anno da Time. Siccome sono onesto intellettualmente, ammetto la sconfitta in quanto la rivista americana, un po’ a sorpresa ha indicato in Mark Zuckerberg l’uomo più importante del 2010 per “aver connesso più di mezzo miliardo di persone, mappando le relazioni sociali tra loro, per aver creato un nuovo sistema per lo scambio delle informazioni e per aver cambiato il modo in cui viviamo le nostre vite”.

A parte la solennità un po’ eccessiva della motivazione, la rivista ha messo il creatore di Wikileaks tra i “piazzati” (runners-up) insieme a Hamid Karzai (declinante presidente afgano), i minatori cileni (pronti per i reality show di mezzo mondo) e i Tea Party (movimenti della destra radicale, prossimante anche sui nostri schermi a guida Santanchè). Un piazzato come un King o un Soldatino o un D’Artagnan qualsiasi.

La scelta pare alquanto opinabile e infatti gli stessi lettori della rivista, in un sondaggio sul sito di Time, si erano espressi massicciamente in favore dell’uomo di comunicazione che ha creato il maggior terremoto mediatico e diplomatico degli ultimi anni. Inoltre non si vede come Zuckerberg possa aver avuto un impatto cosi forte nel mondo reale e virtuale dato che il suo Facebook non è esploso quest’anno, ma già da qualche tempo e che tutt'al più quest'anno si è consolidato. Forse la scelta può essere spiegata con la dietrologia dato che alcuni sospettano (è il caso del seguitissimo Huffington Post) che la redazione del Time possa aver subito delle pressioni da parte dell’amministrazione americana che in questo periodo inizia a soffiare vapore dalle orecchie ogni volta che sente nominare l’australiano. Anche perché il governo USA avrebbe una gran voglia di mettere le mani su Assange per poterlo processare per spionaggio ben sapendo di rischiare un clamoroso buco dell’acqua visto che c’è una secolare giurisprudenza della Corte Suprema molto favorevole alla più assoluta libertà di stampa e molto poco incline a dare protezione a qualunque forma di segretezza statale.

Stalin sul palco
mentre ritira il premio di Time
Insomma Time ha preso una bella toppa perché, per quanto riguarda il 2010, non c’è paragone tra la potenza politico-mediatica espressa da Assange e quella di Zuckerberg. Ma non è la peggiore cantonata della rivista nella sua storia: Joseph "Peppone" Stalin fu insignito del titolo per due volte e per motivi praticamente opposti. Nel 1939 vinse subito dopo lo scellerato patto di non aggressione Ribentrop-Molotov tra URSS e Reich. Solo 3 anni dopo vinse di nuovo nel bel mezzo della sanguinosa difesa di Stalingrado, le cui premesse erano state gettate proprio nel suddetto accordo rimasto lettera morta. 

16 dicembre 2010

Liberali che non fanno prigionieri

"Grande Presidente! adesso niente prigionieri dobbiamo distruggerli con le loro bandiere rosse e nere. Avanti con la rivoluzione liberale non si devono riorganizzare"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro


Prospettiva storica

Anche grazie alle preghiere del pio Bondi, Berlusconi porta a casa la fiducia e la sinistra, in compagnia per la prima volta del centro di Casini e del progetto di nuova destra di Fini, incamera l’ennesima sconfitta. Sono talmente abituati a celebrare gli eventi nefasti che potrebbero mettersi in affari nel settore delle pompe funebri, un business che per definizione non muore mai…e che permette di lavorare (e fatturare) in nero. 
Sotto il profilo politico effettivamente quella registrata qualche giorno fa è una sconfitta: per l’ennesima volta un ceto politico che definire mediocre significherebbe fargli un complimento irrealistico, ha venduto la pelle del caimano prima del tempo…e senza nemmeno trovare un accordo su che modello di stivali farci. Altresì sotto il profilo etico (e forse anche estetico) la vittoria dell’eterno arcoriano avrà conseguenze sulla putrefazione del sistema istituzionale, che non ha mai brillato, nemmeno prima della leggendaria discesa in campo, per trasparenza e onestà.

Ma sotto il profilo storico la vittoria sul filo di lana di SB ha, a mio avviso, una valenza positiva. Con il tentativo di sfiducia alla Camera si è offerto all’Egocrate una via d’uscita pacifica e pulita dalla palude della vita pubblica italiana. Se Papi avesse avuto una visione storica, l’avrebbe afferrata al volo, ma egli l’ha snobbata accecato dalla sua brama di potere. Mentre oggi il PdL e il suo domine festeggiano, non si rendono conto che hanno appena buttato alle ortiche un’offerta munifica che le miopi opposizioni gli avevano offerto su un piatto d’argento. Un exit strategy finemente confezionata che lo avrebbe fatto ricordare come il leader che era stato in grado di tenere a galla l’Italia prima che la tempesta la travolgesse. E questo esito sarebbe stato sommamente ingiusto perché avrebbe consentito alla figura storica di Berlusconi una possibile rilettura positiva che proprio non merita.

Il timoniere è ancora lui, per quanto con una maggioranza assai risicata, e si appresta lui, con il suo fedele equipaggio, ad entrare nel Maelstrom del biennio 2011-12. Nei prossimi due anni la crisi continuerà a farsi sentire in tutto l’occidente e i paesi deboli o che non hanno fatto le scelte che sarebbero state necessarie per tempo saranno esposti più degli altri alle turbolenze. Nel 2011, secondo le recenti stime della Commissione Europea, la crescita economica dovrebbe essere la stessa dell’anno in corso (+1,1%), cioè una crescita che ancora una volta non sarà in grado di creare nuova occupazione e che sarà ben al di sotto della media dell’area Euro (prevista a +1.7%). Tanto per fare un esempio dei paesi che, secondo la propaganda televisiva, stanno peggio di noi: la Francia nel 2011 dovrebbe crescere dell’1,6%, il Belgio dell’1,8%, UK e Germania addirittura sopra il 2%.

Purtroppo della Svezia abbiamo
solo la pressione fiscale
Si entra in questo biennio non facile con lo zainetto bello carico: a ottobre il debito pubblico ha raggiunto il record di 1.867 Mld € cioè il 118% del Pil. Tempo una manciata di mesi e potremo festeggiare, tutti invitati in una residenza a piacere del Premier, quota 120%. E sarà quindi interessante vedere cosa accadrà nel primo semestre del prossimo anno quando andranno in scadenza titoli pubblici italiani per 73 Mld € (tutti gli altri Pigs messi assieme, Portogallo, Spagna e Irlanda, arrivano a 25 Mld €). E siccome non vogliamo farci mancare nulla per poter stappare lo spumante come si conviene alle nostre tradizioni, ecco che la pressione fiscale è in crescita: nel 2009 (ultimo dato disponibile) se n’è andato in tasse il 43,5% del Pil, ormai siamo a livelli scandinavi (in Svezia è al 46,4%), ma con un clima migliore, anche se con servizi di qualità leggerissimamente inferiore (per non parlare della carenza di bionde naturali che attanaglia il paese e le feste a Villa Certosa).

Il prossimo biennio sarà molto complicato sotto il profilo economico e i nostri creditori (il 70% del nostro debito pubblico è in mani straniere, in prevalenza francesi e tedeschi) inizieranno a esercitare una certa pressione sulle nostre palle. Sarà il momento delle scelte difficili, quelle che l’uomo che vive di sondaggi quotidiani e che è del tutto accecato dal desiderio di rimanere in sella non ha mai avuto il coraggio di fare. Quallo sarà il momento in cui il berlusconismo cadrà come merita in prospettiva storica: rovinosamente. Un'epica e dolorosa disfatta per lui, che nel baratro ci ha portati, e per il paese, che incantato dal sogno, ci si è fatto portare.