15 marzo 2011

Radio LonTra

Ferrara torna in TV con Radio Londra, pillola quotidiana di approfondimento che aveva già condotto per 5 anni sulle reti Mediaset con alterne fortune (esordì su Canale 5 per poi sprofondare tra i quiz e i cartoni animati di Italia 1).
La scenografia è praticamente identica al modello originale, con un gradevole gusto retrò e una scrivania rotante che fa venire in mente gli uffici tecnologici che Ken Adam disegnava per i cattivissimi capi della Spectre che tentavano di conquistare il mondo nei film di James Bond. Cambia la musica, un tempo la dolce Moonlight Serenade, oggi uno swing più sbarazzino, più allegro (forse per i 3 mila € a puntata del conduttore), da varietà del sabato sera degli anni ’60, di quelli che ti fanno pensare a Mina e Walter Chiari, al bianco e nero e ai vestiti optical, a conduzioni garbate e ad acconciature cotonate. La regia è efficace, ben sincronizzata sullo sguardo del conduttore, che al contrario di tanti colleghi della carta stampata sa nuotare bene dentro l’acquario televisivo.

Il tema, un po’ a sorpresa, è la tragedia giapponese, che permette al giornalista nei primi minuti (dei 5 complessivi) di evidenziare le differenze culturali tra il popolo del Sol Levante e la società occidentale. Poteva essere un ottimo inizio per fare una riflessione di ampio respiro e colta sulle differenze che ancora ci sono tra la cultura occidentale declinante e quella dell’estremo oriente in ascesa.
Poteva, ma le cose non sono andate cosi. Dopo 4 minuti di fumose e un po’ inconcludenti ciance sul terremoto, la natura, il Giappone, la paura, la filosofia della vita e la mentalità orientale, ecco l’improvvisa svolta, anzi picchiata, che precipita il Direttore del Foglio dalle altezze dei massimi sistemi al meschino cortiletto di casa nostra: “quando discuteremo del nucleare dovremo avere la stessa calma (dei giapponesi) per il futuro nostro, dei nostri figli e dei nostri nipoti”. Cioè, alla fine tutta la tirata filosofeggiante si riduce ad una richiesta di non farsi prendere dal panico quando tra qualche setttimana si dovrà decidere, con referendum, sulla reintroduzione in Italia dell’energia nucleare, definita da Ferrara “fonte indispensabile per i prossimi anni”. Affermazione questa tutta da dimostrare perché se fosse vero che il nucleare è indispensabile il mondo sarebbe prossimo alla fine dato che le scorte di uranio dovrebbero durare per non più di 50 anni.
Ma è la chiusa del conduttore a sorprendere, equlibrata e ragionevole: se il Giappone non dovesse riuscire ad evitare l’incidente atomico, l’Italia dovrà riflettere con attenzione se sia il caso di tornare all’uranio perché come dicono gli inglesi “better safe than sorry” (e via di swing con i titoli di coda). 

Un punto di vista condivisibile e un po’ sorprendente per quello che era atteso come la testa di ariete televisiva del berlusconismo più intransigente. Ma l’ormai vecchio VetrioloV ha un sospetto, perché l’età porta con se un po’ di rincoglionimento, ma anche tanta sana cautela: l’equilibrio di Ferrara, il suo stare ben lontano dalla partigianeria militante dei portavoce ufficiali del Governo, è una tecnica accuratamente studiata che mira a creare sin dalla prima puntata un legame solido con il vasto pubblico di Rai 1, affinchè il giornalista venga percepito come autorevole e, soprattutto, equilibrato, capace anche di parlare contro le scelte della maggioranza. Secondo il fine stratega Ferrara, il referendum sul nucleare è un pezzo sacrificabile nell’attuale scacchiera politica, se questo serve a creare per sé un’aura di opinionista ragionevole e obiettivo. Cosi da risultare più convincente quando il gioco si farà duro e si affronteranno temi ben più delicati (giustizia, economia, riforme), sui quali si deciderà il futuro politico di SB. 
L'apertura soft del programma non tragga in inganno: nei prossimi mesi ne vedremo delle belle...e per avere un'idea su ciò che ci aspetta basta vedere il Blog monografico in fondo.

Dicono di Giuliano Ferrara:
Un atleta straordinario, un modello per me” - Hakuho Sho, campione di Sumo
Ogni volta che vedo Ferrara in tv metto mano alla mia confezione di WeightWatchers” - Joseph Goebbels, capo della propagnada nazista
Ma che me volevi fregà?” – VetrioloV, blogger sconosciuto



14 marzo 2011

Il Premier dal kimono nero

Ormai sta diventando quasi una rubrica per la sua cadenzata perodicità: la maledizione dell’uomo di Hard-core è ormai drammaticamente acclarata. 
Già nel post Miracolo italiano ricordavo le iatture dei primi dieci anni del millennio avvenute durante il regno arcoriano, poi, nel post Amico è, evidenziavo come i malefici del nostro Premier avessero travolto tutti i discutibilissimi “amici” del Nord Africa.
Adesso purtroppo è la volta del Giappone. Il Cavalier Menagramo aveva già favorito un micidale tsunami nel 2004 (III anno dell’Era B.), ed evidentemente la calamità gli è congeniale visto che i suoi nefasti poteri he hanno favorito una ripetizione a dir poco sconcertante: due maremoti devastanti provocati da potentissimi terremoti (scala Richter 9) nel giro di soli 6 anni. La possibilità scientifica che due eventi di tali catastrofiche dimensioni si ripetessero nel giro di un cosi breve lasso di tempo erano le stesse che ci sono di vedere la Santanchè, in scarpe da ginnastica e con il pugno chiuso, a cantare “Bella ciao” ad una manifestazione femminista organizzata da Democrazia Proletaria.
Ma ormai i super poteri del nostro Premier sono degni del Galactus della Marvel.
Il legame tra il Premier e i tragici fatti nipponici sono due. In primo luogo, la decisione di far tornare il nostro paese nella “modernità” e nella “sicurezza” nucleare ha subito scatenato un pericoloso incidente nei reattori di Fukushima. Ma vi è anche stata una certa complicità del  Primo Ministro Naoto Kan che, sordo agli avvertimenti miei e della comunità internazionale, ha avuto l’ardire di avere un contatto telefonico con l’Innominabile brianzolo, pochi giorni prima che la furia della natura si abbattesse sullo sventurato arcipelago nipponico.

PS: nel caso la Santanchè fosse interessata suggerirei di allenarsi in questa versione vocale di "Bella Ciao"

11 marzo 2011

TG Nonno

Che il controllo della TV sia assolutamente ininfluente nelle moderne democrazie è una balla colossale, di quelle che non oserebbero proferire nemmeno i portavoce più disponibili alla prostituzione intellettuale. Certo esistono altri mezzi di comunicazione, ma questi sono ad appannaggio principalmente delle fascie anagrafiche più giovani, e questo è un paese vecchio, sia dentro che fuori.

Qui sta il cuore del problema e un recente studio lo dimostra in maniera evidente. Il cuore della società italiana, anziano e residente in provincia, si abbevera alla fonte informativa della TV: l’età media del telespettatore del TG1 (il programma di news più seguito nel nostro paese con uno share medio del 25%) è di 59 anni (la stessa del TG3), il TG4 arriva a 57 anni (strano, avrei detto 97), il TG5 ha una media di 50 anni, poco meno il TG2.

In Italia l’80% della popolazione basa la propria conoscenza su ciò che accade nel mondo sull’informazione televisiva e chi controlla questa ha il vantaggio totale nel match della comunicazione politica. Controllare la TV significa controllare il presente, ma soprattutto il passato: il compito dell’informazione è quello di analizzare, mettendo a confronto ciò che si fa oggi con ciò che si è detto ieri, comparare le promesse elettorali (passate) con la loro realizzazione (presente), commisurare i risultati raggiunti con quelli per cui si è preso impegno. Il controllo TV permette di evidenziare gli obiettivi centrati ed ignorare quelli falliti ovvero modificare in corso d'opera le promesse fatte. Insomma, permette di nascondere in cantina il “milione di posti di lavoro”, spazzare sotto il tappeto il miraggio del “meno tasse per tutti”, occultare in soffitta la cancellazione dell’“odiosa” IRAP, imboscare nella fureria della vita pubblica il dimezzamento della disoccupazione, non trasmettere il baciamano a Gheddafi quando questo bombarda i suoi concittadini.
Nonostante la web revolution degli ultimi 10 anni la TV è ancora la zona nevralgica del campo, la parte centrale della scacchiera, il luogo della battaglia decisiva. E questo spiega il perché del fastidio per le trasmissioni invise e l’attivismo per crearne di filo-governative in una fase in cui gli indici di gradimento del Premier sono ai minimi. Sostituire al più presto la verità fattuale con la verità della TV. Sradicare il declino italiano con il migliore dei mondi possibili.
Mancano 24 mesi alle elezioni politiche (forse meno): bisogna potenziare le armi di distrazione di massa.


3 marzo 2011

Mitologia di destra

Uno dei cardini del berlusconismo è il mantra ripetuto ossessivamente in ogni occasione: la maggioranza degli italiani è con noi. E' il mito fondante di tutta la comunicazione governativa e come tutti i miti è una narrazione con elementi sacrali (la sacralità del popolo, l'infallibilità delle urne, la santità dell'elettore...ma solo quando si vince).

Diceva Goebbels, il nazista stortignaccolo che esaltava la bellezza della razza ariana cui evidentemente non apparteneva, “una menzogna ripetuta all’infinito diventa la verità”. E questo è uno dei principi fondanti della comunicazione berlusconiana: ripetere all’infinito menzogne, false verità, mezze bugie e sofismi arzigogolati fino a farle diventare un unico flusso compatto d’informazioni in grado di calarsi nelle menti di un pezzo consistente di opinione pubblica. Certo, il gioco sarebbe complesso in una normale democrazia occidentale, ma da noi può funzionare grazie all’esteso controllo del mezzo d’informazione più diffuso e alla storica sudditanza del giornalismo nostrano, manzonianamente vaso di coccio tra i vasi di ferro del potere economico e di quello politico.

La più netta vittoria conseguita dal centro-destra è stata quella alle ultime elezioni del 2008 che ha dato all’attuale maggioranza un ampio controllo della Camera (ma meno di quanto comunemente si creda: 344 deputati su 630). Il neo-costituito PdL ottenne il 37% dei voti, mentre la Lega, autoproclamatosi partito del popolo del nord, prese l’8% (superando il 20% solo in 2 regioni, Lombardia e Veneto, delle 8 che compongono il settentrione). Quindi la grande maggioranza degli italiani che sostiene Silvio Berlusconi sarebbe appena del 45% (37+8).
Non sono
meteoropatico!
In realtà questo è un dato ancora grezzo, bisogna infatti tener conto di tutto il corpo elettorale. D’altronde se si sostiene che il popolo è con se, mi sembra giusto considerare tutto il popolo. Ebbene gli aventi diritto al voto alla Camera nel 2008 (cioè i maggiorenni) furono poco più di 50 Mil, oltre 10 Mil di questi disertarono le urne (la % di votanti fu del 78%). Considerando gli astenuti le percentuali dei “partiti del popolo” crollano al 27% (PdL) e 6% (Lega), se proprio volessi essere pignolo (tipo Furio Zoccaro) e tenessi conto del milione e passa di schede nulle o bianche queste % andrebbero ulteriormente limate di qualche decimale. Ma lasciamole cosi, che non mi si dica che sono sono troppo fiscale o che sono meteoropatico. 

La grande maggioranza berlusconiana nelle urne si riduce cosi ad appena il 33% degli elettori.
Nonostante il controllo proprietario dei 3 maggiori network privati.
Nonostante l’ascendente sulla RAI (poi straripato dopo la vittoria elettorale).
Nonostante la proprietà di alcuni dei magazine più diffusi nel paese (Chi e TV Sorrisi, e per gli amanti delle letture meno impegnattive Panorama).
Nonostante il potere finanziario del 90° uomo più ricco del mondo (classifica Forbes 2008).
Nonostante la tendenza tipicamente italiana evidenziata da Flaiano di saltare sul carro del vincitore.
Nonostante tutto questo, il Re di Hard-core (© Dagospia) chiama il popolo alle urne per salvare il paese dai comunisti divora bambini, dai magistrati liberticidi, dagli immigrati affamati di donne italiane, dagli omosessuali affamati di uomini italiani, dai loschi burocrati di Strasburgo, dalle elite intellettuali e parassitarie, dalle legioni infernali, dai Mangia-Morte di Voldemort e da Gambadilegno e Spennacchiotto...e prende solo il voto di un italiano su tre?!
Ma che scarso!