24 dicembre 2010

Laicisti di destra

"Casini ? è la longa manu del vaticano che fruga nelle tasche e nelle libertà del popolo italiano per derubarlo di libertà e risorse. COME SEMPRE. Fuori dalla società civile italiana questo partito di dipendenti di uno stato straniero che votano CONTRO di noi"
da Il Giornale - commenti dei lettori

21 dicembre 2010

RAI spot

La RAI è un servizio pubblico tutt’altro che perfetto, ma non certo per colpa sua: da decenni è usata malamente dalla classe politica di destra e di sinistra come ufficio di collocamento per la creazione di clientele e come servile strumento di propaganda. Nonostante questo è anche campo di battaglia dei politici che l’accusano di essere di parte: la destra criminalizza lo spazio di Santoro con la stessa veemenza con cui la sinistra attacca il TG1 di Minzolini. Essere uno scenario di guerra rende la televisione pubblica un campo di battaglia apocalittico spesso al centro di polemiche infuocate. Ma la RAI, nonostante tutto, rimane un assett culturale di questo paese con una grande e nobile tradizione. 

Nord e Sud ne La Grande Guerra
Il primo elemento unificatore degli italiani fu la tragedia della Prima Guerra Mondiale quando una generazione che nulla aveva in comune, nemmeno la lingua, si ritrovò a combattere un conflitto incomprensibile nel sangue e nel fango delle trincee del Nord Est, conoscendosi e solidarizzando nella difficoltà. 
Il secondo elemento di unione degli italiani fu, e mi rendo conto che la tesi possa risultare a molti indigesta, il fascismo che fu anche movimento di popolo che galvanizzò per buona parte degli anni ’30 la borghesia e il proletariato, al Nord come al Sud.
Poi fu la volta del boom economico e della connessa emigrazione di massa che fece vivere per la prima volta a stretto contatto milanesi con pugliesi, torinesi con siciliani e, ma questo nessuno lo dice mai, romani con veneti: già negli anni 50 la capitale fu letteralmente invasa da domestiche che fuggivano dalla miseria delle campagne padane, curiosamente, nonostante queste donne fossero migliaia, non hanno lasciato traccia nei cognomi romani perché pur sposandosi e vivendo tutta la loro vita a Roma nessuno dei loro figli e nipoti porta con se tracce di quei cognomi squillanti che finivano con i suffissi –an, -on e –in.

Ma questi elementi hanno avuto connotazioni economiche, sociali e politiche, l’unità culturale l’ha fornita in via quasi esclusiva la RAI che, dal 1954, è entrata prima nei luoghi di ritrovo (i bar, i circoli) e poi nelle case fornendo agli spettatori un linguaggio comune che prima non esisteva a livello di massa. E ora la RAI rivendica con giusto orgoglio questo primato lanciando una gran bella campagna per il canone 2011 (che è la tassa più evasa del paese con 6 Milioni di famiglie che fanno finta di non avere la tv in casa) in linea con il 150° anniversario dell’Unità.
Gli spot, diretti dal regista Alessandro D'Alatri e che trovate alla fine del post, sottolineano, in maniera leggera e ironica con una serie di gag, come aver fornito agli italiani una lingua comune ci abbia permesso di comunicare, di riconoscerci come persone che hanno un legame e quindi di essere Nazione (e non mero popolo). E’ una gran bella campagna di comunicazione, la migliore operazione legata all’anniversario dell’Unità che al momento sia stata fatta (e dubito che ce ne saranno di migliori con l’aria che tira), con la quale la RAI alza la testa e rivendica il suo ruolo di servizio pubblico.

Ovviamente a qualcuno la cosa non è piaciuta e alcuni Leghisti, ritenendo la campagna offensiva nei confronti dei dialetti, hanno risposto con dei video-appelli nelle loro lingue gutturali per boicottare il pagamento del canone.
Ora, a parte il fatto che incitare all’evasione fiscale per chi siede in Parlamento è cosa assai discutibile, soprattutto nella contingente fase economica in cui le casse pubbliche sono drammaticamente sotto pressione, ma va detto che la campagna non ha nulla di offensivo nei confronti dei dialetti, anzi li presenta in forma divertente, ma, giustamente, evidenzia la funzione unificatrice della lingua italiana. 
I dialetti sono un patrimonio della cultura italiana, fanno parte della nostra tradizione localistica e sottolineano il diverso passato delle genti che da 150 anni formano il popolo italiano, ma essi non possono essere conservati attraverso atti di legge. Non ha senso salvaguardare il dialetto insegnandolo a scuola, perché il dialetto è lingua di strada e non di accademia. Il dialetto non va difeso dall’alto perché esso nasce dal basso: il dialetto è patrimonio del Popolo e non del Palazzo. Gli usi linguistici locali vivranno finchè saranno forti abbastanza da continuare a vivere parallelamente all’italiano e non c’è aiuto di stato che possa mantenerli in vita se essi saranno abbandonati dalle persone che ne fanno uso. 
L’uso della terapia intensiva per i dialetti denota debolezza, insicurezza, timore di non saper salvaguardare le proprie tradizioni davanti all’avvento del nuovo mondo globalizzato. I Leghisti amano i toni guasconi, le esibizioni muscolari, il linguaggio ruvido, ma tutto questo sottende, come sempre, una gran paura di non essere forti abbastanza per rimanere se stessi.

17 dicembre 2010

Com'è buono leeeeei

"ON. BERLUSCONI LEI é semplicemente una GRANDE PERSONA"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro


King, Sordatino e Assange

Assange non si capacita
di aver sbagliato la Tris

Qualche giorno fa prevedevo che Julian Assange sarebbe stato eletto uomo dell’anno da Time. Siccome sono onesto intellettualmente, ammetto la sconfitta in quanto la rivista americana, un po’ a sorpresa ha indicato in Mark Zuckerberg l’uomo più importante del 2010 per “aver connesso più di mezzo miliardo di persone, mappando le relazioni sociali tra loro, per aver creato un nuovo sistema per lo scambio delle informazioni e per aver cambiato il modo in cui viviamo le nostre vite”.

A parte la solennità un po’ eccessiva della motivazione, la rivista ha messo il creatore di Wikileaks tra i “piazzati” (runners-up) insieme a Hamid Karzai (declinante presidente afgano), i minatori cileni (pronti per i reality show di mezzo mondo) e i Tea Party (movimenti della destra radicale, prossimante anche sui nostri schermi a guida Santanchè). Un piazzato come un King o un Soldatino o un D’Artagnan qualsiasi.

La scelta pare alquanto opinabile e infatti gli stessi lettori della rivista, in un sondaggio sul sito di Time, si erano espressi massicciamente in favore dell’uomo di comunicazione che ha creato il maggior terremoto mediatico e diplomatico degli ultimi anni. Inoltre non si vede come Zuckerberg possa aver avuto un impatto cosi forte nel mondo reale e virtuale dato che il suo Facebook non è esploso quest’anno, ma già da qualche tempo e che tutt'al più quest'anno si è consolidato. Forse la scelta può essere spiegata con la dietrologia dato che alcuni sospettano (è il caso del seguitissimo Huffington Post) che la redazione del Time possa aver subito delle pressioni da parte dell’amministrazione americana che in questo periodo inizia a soffiare vapore dalle orecchie ogni volta che sente nominare l’australiano. Anche perché il governo USA avrebbe una gran voglia di mettere le mani su Assange per poterlo processare per spionaggio ben sapendo di rischiare un clamoroso buco dell’acqua visto che c’è una secolare giurisprudenza della Corte Suprema molto favorevole alla più assoluta libertà di stampa e molto poco incline a dare protezione a qualunque forma di segretezza statale.

Stalin sul palco
mentre ritira il premio di Time
Insomma Time ha preso una bella toppa perché, per quanto riguarda il 2010, non c’è paragone tra la potenza politico-mediatica espressa da Assange e quella di Zuckerberg. Ma non è la peggiore cantonata della rivista nella sua storia: Joseph "Peppone" Stalin fu insignito del titolo per due volte e per motivi praticamente opposti. Nel 1939 vinse subito dopo lo scellerato patto di non aggressione Ribentrop-Molotov tra URSS e Reich. Solo 3 anni dopo vinse di nuovo nel bel mezzo della sanguinosa difesa di Stalingrado, le cui premesse erano state gettate proprio nel suddetto accordo rimasto lettera morta. 

16 dicembre 2010

Liberali che non fanno prigionieri

"Grande Presidente! adesso niente prigionieri dobbiamo distruggerli con le loro bandiere rosse e nere. Avanti con la rivoluzione liberale non si devono riorganizzare"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro


Prospettiva storica

Anche grazie alle preghiere del pio Bondi, Berlusconi porta a casa la fiducia e la sinistra, in compagnia per la prima volta del centro di Casini e del progetto di nuova destra di Fini, incamera l’ennesima sconfitta. Sono talmente abituati a celebrare gli eventi nefasti che potrebbero mettersi in affari nel settore delle pompe funebri, un business che per definizione non muore mai…e che permette di lavorare (e fatturare) in nero. 
Sotto il profilo politico effettivamente quella registrata qualche giorno fa è una sconfitta: per l’ennesima volta un ceto politico che definire mediocre significherebbe fargli un complimento irrealistico, ha venduto la pelle del caimano prima del tempo…e senza nemmeno trovare un accordo su che modello di stivali farci. Altresì sotto il profilo etico (e forse anche estetico) la vittoria dell’eterno arcoriano avrà conseguenze sulla putrefazione del sistema istituzionale, che non ha mai brillato, nemmeno prima della leggendaria discesa in campo, per trasparenza e onestà.

Ma sotto il profilo storico la vittoria sul filo di lana di SB ha, a mio avviso, una valenza positiva. Con il tentativo di sfiducia alla Camera si è offerto all’Egocrate una via d’uscita pacifica e pulita dalla palude della vita pubblica italiana. Se Papi avesse avuto una visione storica, l’avrebbe afferrata al volo, ma egli l’ha snobbata accecato dalla sua brama di potere. Mentre oggi il PdL e il suo domine festeggiano, non si rendono conto che hanno appena buttato alle ortiche un’offerta munifica che le miopi opposizioni gli avevano offerto su un piatto d’argento. Un exit strategy finemente confezionata che lo avrebbe fatto ricordare come il leader che era stato in grado di tenere a galla l’Italia prima che la tempesta la travolgesse. E questo esito sarebbe stato sommamente ingiusto perché avrebbe consentito alla figura storica di Berlusconi una possibile rilettura positiva che proprio non merita.

Il timoniere è ancora lui, per quanto con una maggioranza assai risicata, e si appresta lui, con il suo fedele equipaggio, ad entrare nel Maelstrom del biennio 2011-12. Nei prossimi due anni la crisi continuerà a farsi sentire in tutto l’occidente e i paesi deboli o che non hanno fatto le scelte che sarebbero state necessarie per tempo saranno esposti più degli altri alle turbolenze. Nel 2011, secondo le recenti stime della Commissione Europea, la crescita economica dovrebbe essere la stessa dell’anno in corso (+1,1%), cioè una crescita che ancora una volta non sarà in grado di creare nuova occupazione e che sarà ben al di sotto della media dell’area Euro (prevista a +1.7%). Tanto per fare un esempio dei paesi che, secondo la propaganda televisiva, stanno peggio di noi: la Francia nel 2011 dovrebbe crescere dell’1,6%, il Belgio dell’1,8%, UK e Germania addirittura sopra il 2%.

Purtroppo della Svezia abbiamo
solo la pressione fiscale
Si entra in questo biennio non facile con lo zainetto bello carico: a ottobre il debito pubblico ha raggiunto il record di 1.867 Mld € cioè il 118% del Pil. Tempo una manciata di mesi e potremo festeggiare, tutti invitati in una residenza a piacere del Premier, quota 120%. E sarà quindi interessante vedere cosa accadrà nel primo semestre del prossimo anno quando andranno in scadenza titoli pubblici italiani per 73 Mld € (tutti gli altri Pigs messi assieme, Portogallo, Spagna e Irlanda, arrivano a 25 Mld €). E siccome non vogliamo farci mancare nulla per poter stappare lo spumante come si conviene alle nostre tradizioni, ecco che la pressione fiscale è in crescita: nel 2009 (ultimo dato disponibile) se n’è andato in tasse il 43,5% del Pil, ormai siamo a livelli scandinavi (in Svezia è al 46,4%), ma con un clima migliore, anche se con servizi di qualità leggerissimamente inferiore (per non parlare della carenza di bionde naturali che attanaglia il paese e le feste a Villa Certosa).

Il prossimo biennio sarà molto complicato sotto il profilo economico e i nostri creditori (il 70% del nostro debito pubblico è in mani straniere, in prevalenza francesi e tedeschi) inizieranno a esercitare una certa pressione sulle nostre palle. Sarà il momento delle scelte difficili, quelle che l’uomo che vive di sondaggi quotidiani e che è del tutto accecato dal desiderio di rimanere in sella non ha mai avuto il coraggio di fare. Quallo sarà il momento in cui il berlusconismo cadrà come merita in prospettiva storica: rovinosamente. Un'epica e dolorosa disfatta per lui, che nel baratro ci ha portati, e per il paese, che incantato dal sogno, ci si è fatto portare.

3 dicembre 2010

Hulzicher?!?

"Cara Hulzicher ,visto che tu dici che all'estero ci considerano dei buffoni a causa di Berlusconi,perchè lavori per canale 5?Rimani in Germania a fare la fighessa"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

Il Buco della serratura

Alcuni esponenti della nostra gloriosa e amorevole destra sostengono che le informazioni provenienti da Wikileaks sono false. Ovviamente le cose non stanno cosi: il sito di Assange sta mettendo in rete con avveduta lentezza (siamo a quota 600 su 250 mila) delle lettere (cable) che le varie ambasciate americane sparse per il mondo inviano al governo centrale per fornire informazioni su ciò che accade o su ciò che potrebbe accadere. Alcune notizie sono certe, altre sono solo previsioni o analisi, altre ancora sono deduzioni e altre sono basate su voci riferite da fonti più o meno autorevoli. Il tutto senza che vi siano formalismi di sorta perché la comunicazione deve essere la più asciutta e sintetica possibile in quanto ogni giorno ne vengono prodotte (e poi analizzate) migliaia.
In ogni caso ciò che rende succulenta questa documentazione è che permette di guardare dal buco della serratura il grande potere, quello che di solito è intangibile ai comuni mortali, quello che ama celarsi dietro le spesse coltri della diplomazia.
Ora che il sito è meno appesantito dal traffico dei primi giorni sono andato a dare un’occhiata ad alcuni dei cables che l’Ambasciata Americana di Roma ha inviato a Washington e ho trovato la lettura irresistibile, nettamente meglio di qualunque Novella 2000 sotto l’ombrellone. La più interessante, per ora, è quella relativa all'incontro, del 30/12/2009, tra l’Ambasciatiore Spogli, tuttora in carica, e un Berlusconi ancora convalescente dopo l’attentato di Milano, presente anche Gianni Letta, definito il “braccio destro del Premier”. Durante la chiacchierata di 3 ore emergono alcuni spunti interessanti che meritano di essere raccontati.
Schermata del documento 10ROME1
Berlusconi dice all’Ambasciatore che “la stella di Sarkozy è chiaramente declinante nei circoli europei…il Presidente Francese non ha più la stessa influenza che aveva un anno fa” (per gli scettici cito la frase in inglese Sarkozy’s star was clearly waning in European circles and that the French President did not command the same influence he did a year ago”). A questo punto mi posso immaginare la faccia perplessa (giusto una piccola ruga frontale supplementare, niente di visibile per carità) dell’austero Gianni Letta che “meno convinto” tiene a precisare all’Ambasciatore che SB e Sarkozy sono (e qui mi permetto una traduzione libera) come “due grossi cani che litigano per lo stesso riflettore” (letterale “big dogs angling for the same spotlight”). Mentre si parla del più e del meno, ma anche dei rapporti tra Italia e Russia, guarda caso arriva una telefonata di Putin (questi ex mangia-pargoli del KGB hanno un tempismo perfetto).

Letta fa cenno al Premier di
ponderare meglio ciò che dice
Poi si parla di questioni interne. E qui lo show è totale. 
La magistratura è “il più grande problema italiano” ed SB è pronto a riformare il settore grazie ad “un’alleanza con il centro-sinistra”. Come sempre, Letta interviene mostrandosi più cauto sulla possibilità di addivenire ad un risultato d’accordo con l’opposizione. Anche su questa emergono delle opinioni sorprendenti. Bersani viene definito un oppositore “onesto, schietto, giusto e di grande intelligenza” (“straight shooter who was fair with a top rate intellect”). Cioè una cosa che in Parlamento o in conferenza stampa il premier non ammetterebbe mai e poi mai, nemmeno se venisse torturato con i ferri roventi da Michele Santoro e da Bianca Berlinguer vestiti, rispettivamente da Batman e Cat Woman. Poi interviene Letta che aggiunge di avere stima per Massimo D’Alema anche se la sua permalosità e il suo atteggiamento da “più intelligente nella stanza” rendono difficile lavorare con lui.

Per quanto riguarda l'economia, dopo proclami biennali in base ai quali la crisi non avrebbe toccato l’Italia, poi che la crisi era passata e poi ancora che il nostro paese stava attraversando i marosi meglio degli altri, nel clima conviviale della giornata Berlusconi si lascia sfuggire di essere “preoccupato delle ridotte prospettive di crescita per il 2010” e che sarà “difficile produrre una crescita sufficiente a produrre posti di lavoro” (sempre per gli adoratori del sacro verbo berlusconiano: “concern about the limited prospects for economic growth in 2010. Berlusconi thought that Italy had weathered the past year of the financial crisis fairly well but thought it would be a challenge to produce enough growth in 2010 to start replacing jobs lost”).
L’impressione conclusiva di Spogli è che Letta sia da considerare “co-regnante” e che in più occasioni il sotto segretario manifesta  apertamente “punti di vista opposti a quelli del capo” (e anche qui per evitare obiezioni “with Berlusconi deferring regularly to his colleague and with Letta airing opposing points of view to his boss during the luncheon”).

Letta cosi come 
visualizzato da SB
Per me però il momento più significativo è all’inizio dell’incontro quando il Premier lamenta i danni per il recente attentato patito a Milano. Qui Letta prende da parte l’Ambasciatore (me lo immagino che garbatamente lo prenda sottobraccio per allontanarlo dalle orecchie dell'uomo di Arcore) e gli confida che Berlusconi ha sofferto il lancio della statuetta al punto da cadere in depressione, per poi aggiungere con tono mellifluo “Lui è un impresario…vorrebbe essere amato da tutti” (“he’s an impresario, he wants everyone to love him”). 
L'impressione che personalmente ho ricavato da questo documento, redatto da un diplomatico americano e non da un tronista di passaggio in cerca dei favori dell' "impresario", è che il Presidente del Consiglio abbia un rapporto con il suo fedele braccio destro vagamente simile a quello che c'è tra un degente un pò avanti con gli anni e un infermiere affettuoso e prodigo di cure. 
E vi pare poco osservare i potenti dal buco della serratura?

2 dicembre 2010

Finalmente ho trovato un commento violento a Sinistra

"Berlusconi non arriverà mai ad Antigua...sarà appeso come un maiale assieme ai suoi laidi prosseneti"
Dal Blog di Beppe Grillo

30 novembre 2010

Di notte lavora

"Berlusconi è sempre sorridente, gioioso altruista, generoso ed io gli credo quando dice che di notte lavora per il bene dell'italia e lo si vede dallo sguardo sereno"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

Spectre

Il nostro Ministro degli Esteri, quello che ha l’aplomb di un modello di impermeabili e l’eloquio di un calciatore a inizio carriera, in questi giorni ha avuto un bel da fare per tentare di smorzare preventivamente, l’effetto delle rivelazioni di Wikileaks. Chiunque sappia qualcosa degli ambienti diplomatici sa perfettamente di quale considerazione internazionale l’Italia abbia goduto in passato e come questa fama, già non positiva, sia precipitata a livelli sudamericani negli ultimi anni grazie alle performance fuori dagli schemi del nostro amato leader che si ostina a comportarsi con la bonomia dell’uomo di strada in ambienti che, volenti o nolenti, sono ancora profondamente aristocratici.

Il Ministro Frattini ha dichiarato ufficialmente il 26/11 che stavano per emergere “vicende delicate che rappresentano il sintomo di strategie dirette a colpire l’immagine dell’Italia sulla scena internazionale, mettendo nello stesso cesto non solo pere con mele, ma anche palline da ping-pong e fagiani: l’attacco a Finmeccanica è un’inchiesta della magistratura italiana su un’azienda italiana, i rifiuti di Napoli ed il crollo di Pompei sono fulgidi esempi della cattiva amministrazione del nostro paese, mentre la rivelazione di rapporti riservati della diplomazia USA è un colpo assestato alla super potenza occidentale, o a ciò che rimane di essa. Il 28/11, sempre in via preventiva, Frattini ha dichiarato che il mondo fosse in procinto di assistere “all’11/9 della diplomazia”. 

Il gatto della Spectre è Romeo
e vuole conquistare il Colosseo
Insomma, il governo ha cercato di tenere il basso profilo sulla vicenda. Ma se si pensa al complotto sarebbe interessante sapere chi si sospetta ci possa essere dietro. Ovviamente questo non può essere fatto in quanto nessun complotto c’è ai danni dell’Italia, paese che contando assai poco sulla scena internazionale è stato appena sfiorato dalla documentazione (ancora sommaria) di Wikileaks. A meno che qualcuno non pensi seriamente che ci sia una Spectre planetaria che, visto che ormai James Bond ha passato la novantina, si è convinta che sia giunto il momento di conquistare il mondo e che l’Italia possa essere un primo passo verso la scalata globale.
Ovviamente non c'è nulla di tutto questo e il grido "complotto" è una stratagemma sempre utile quando si vuole ammansire l'opinione pubblica: la trama internazionale crea paura e bisogno di unione, la suggestione dei fumosi poteri mondiali tende a compattare quel pezzo di opinione pubblica che si riconosce nella destra berlusconiana.  

Ciò che è avvenuto in questi giorni (e che si svilupperà nelle prossime settimane: al momento sono stati vagliati meno di 300 documenti su 250.000) è ben più interessante. In primo luogo emerge la figura di Juliane Assange (accetto scommesse sul fatto che sarà l'uomo dell'anno di Time), definito hacker e giornalista, ma che non è nè l'uno nè l'altro, ma che ha compreso meglio di tanti i meccanismi della nuova comunicazione. Creando un brand fortissimo (quello di Wikileaks) e accentrando su di se un'attenzione planetaria non indifferente, con una sorta di personalizzazione del marketing che mi ricorda Steve Jobs, la cui immagine è indissolubilmente legata ai suoi prodotti. 
In secondo luogo appare chiaro come i governi di tutto il mondo non abbiano ancora valutato a dovere il cambiamento delle nuove tecnologie nella gestione delle informazioni: la rete che conteneva i telegrammi diplomatici diffusi (e valutati nè Secret, nè tantomeno Top Secret) era accessibile a 3 Milioni di funzionari americani e questo oggi rende quasi inevitabile delle perdite. Un tempo sarebbe stato complicato portare via un faldone con 250 mila pratiche, adesso con pochi secondi di download ed una pen-drive da 10 euro si può fare un'originale regalo di natale all'opinione pubblica internazionale.

Tutto questo non porterà al funerale della diplomazia segreta che è sempre esistita e sempre ci sarà, ma dovrà far maturare nei sistemi d'intelligence di tutto il mondo una nuova filosofia della sicurezza e della diffusione delle informazioni. Già qualcuno dice che Assange è un Robin Hood moderno, altri sostengono che sia un pupazzo manovrato da potenze straniere che vogliano accelerare il declino americano. Credo che non sia nulla di tutto questo, anche se la componente dell'eterodirezione non si può accontonare del tutto. Assange è un uomo che ha individuato, per primo, una falla enorme nella concezione stessa dei sistemi informatici moderni e ci si è inserito dentro: questa è l'era della condivisione orizzontale, mentre l'intelligence è per definizione segreta (informazioni riservate) e verticale (informazioni raccolte singolarmente dal basso e valutate complessivamente dall'alto). Questi due sistemi non possono convivere. Assange lo ha compreso e con un gesto dalla forte valenza anarchica lo ha mostrato al mondo.

28 novembre 2010

I studenti (somari)

"Cara Gelmini vai avanti con le tue idee,non farti infinochiare da Bersani,asino,e somaro muore,i studenti in gamba non anno voglia di manifestare,solo i cialtroni"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

La forza del Destino

Questa settimana Emilio Fede, giornalista quasi 80 enne, ha avuto modo di dire la sua sulle proteste studentesche. Il suo punto di vista benpensante è che “la protesta può essere legittima, si possono chiedere vantaggi, si può chiedere che qualcosa vada modificato, ma fare quello che hanno fatto queste bande, sono delle bande, ci sono centinaia di ragazzi organizzati…questa è gentaglia”. E fin qui, tutto sommato, ci possiamo anche stare visto il clima da stadio che si respira nel nostro paese. Quello che viene dopo un po’ di meno, perché il direttore del TG4 precisa come si dovrebbero gestire certe situazioni: “il popolo civile quale noi siamo dovrebbe intervenire e menarli perché questi capiscono solo di essere menati”. Cioè, per il bonario giornalista non dovrebbero nemmeno essere le forze dell’ordine, nel caso, ad intervenire per quietare gli animi ed evitare che si verifichino incidenti, ma dovrebbe essere la (cosiddetta) società civile, la (tanto decantata) maggioranza silenzioza, il (fantomatico) popolo moderato o, forse, l’affettuoso Partito dell’Amore, a tirarsi su le maniche e menare ceffoni a quelli che il giovin Fede probabilmente definirebbe facinorosi, con quell’italiano ottocentesco che tanto piace alla fetta più arcaica della società italiana (non a caso è un termine assai presente nell’eloquio berlusconiano). Le botte in piazza tra opposte fazioni sarebbero la logica conclusione per questo clima avvelenato di divisione che da anni respira il paese, ma speriamo che non si arrivi mai a quel punto perché troppe forze, da troppo tempo, stanno caricando a molla una parte della società e se questa tensione un giorno dovesse trovare uno sfogo, la situazione potrebbe precipitare in maniera irreversibile.

A volte però la forza del destino si impone con divina e poetica potenza sulle umane questioni. Il giorno prima che Fede lanciasse il suo appello al “popolo civile” capita che il menato sia lui: la sera del 23/11 in un esclusivo ristorante Milanese, il giornalista Mediaset si imbatte in Gian Germano Giuliani (72 anni, in questo bizzarro paese anche le risse da "pischelli" sono over 70), l’imprenditore dell’Amaro Giuliani, il quale anziché fornirgli un rimedio lassativo gli rifila “due schiaffi e un pugno fatto bene”. I motivi del contendere di questo "dinosaurs' fighting" sono perfettamente spiegati sul blog di Selvaggia Lucarelli (donna da Hamare sia per come scrive che per come sceglie le scarpe) e si possono sintetizzare con il classico "questione di donne" (dicitura tipica degli scontri, appunto, tra "pischelli").  
Che bella la forza del destino, quasi meglio di quella verdiana!

25 novembre 2010

Il burattinaio

Quando ho creato la rubrica “Pensieri d’hamore” era mia intenzione mettere in risalto l'inquietante follia che aleggia da tempo in questo paese e che non permette una dialogo, un confronto, tra le parti, divise ormai da un’insofferenza che sfiora l’odio. Volevo quindi porre in rilievo frasi estremiste che provenivano da entrambi i fronti, ma poi all’atto pratico ho scoperto che quelle più efferate sono sui siti dei sostenitori del Partito dell’Amore. Ho provato a cercare su Repubblica, l’Espresso, il Fatto, ma niente da fare: al massimo si auspica la gattabuia per questo o quello, senza particolare accanimento nei confronti dei sostenitori della parte politica avversa.
Quest’oggi credo di aver scoperto chi si cela dietro i messaggi più cruenti, con somma sorpresa è unica la mente che produce i commenti più deliranti e violenti, un uomo alimentato da violenza e ferocia senza pari. Un soggetto la cui alterazione mentale produce comportamenti al di fuori di ogni schema e regola. Il burattinaio della furia del centro-destra è Nicolas Cage:



Eh?!?

"per me è gravissimo che qualcuno voti il PCI V.1.3 volgarmente detto PD o uno dei suoi fiancheggiatori, e in quanto tale diventa corresponsabile dei crimiini contro l'umanità del regime sovietico. Pertanto merita di essere passato immediatamente per le armi"
Dal sito antiKomunista (blog "segnalato" dal sito del PDL) - commenti

L'oracolo di Omaha

Warren Buffett, che potete vedere in questa foto vestito da rock-star durante un suo delirio senile che gli ha fatto credere che girare uno spot pubblicitario in quelle vesti fosse una buona idea, è un arzillo 79 enne che ha accumulato un patrimonio personale di 47 Miliardi $ (secondo la classifica di Forbes del 2010). In altre, quello che vedete in foto è il terzo uomo più ricco del pianeta. Per dare un’idea preciso che Berlusconi figura in classifica al 74° con “miseri” 9 Miliardi $.

Questo anziano multi-miliardario è molto stimato non solo dalla comunità finanziaria internazionale, ma anche dai piccoli investitori americani che ne hanno apprezzato negli anni la saggezza e l’infallibile fiuto nell’investire, al punto da soprannominarlo l’Oracolo di Omaha. Per cui le sue parole, che spesso hanno un senso profetico, sono molto ascoltate sui mercati e i suoi aforismi sono diventati piccoli pilastri di un capitalismo sano e solido che prende le distanze  dalle spericolate alchimie della finanza moderna. Prima della crisi del 2008 Buffett disse che "i derivati sono armi finanziarie di distruzione di massa", e si guardò bene dal metterne nel proprio portafoglio. 
Da qualche anno le sue esternazioni politiche hanno sorpreso e spiazzato il grande capitale, ad esempio quando sostenne la candidatura alla Casa Bianca di Barack Obama. Questa settimana il fanta-mega-multi miliardario ha affrontato l’argomento tasse (e non per la prima volta) dichiarando in un’intervista alla ABC che “i ricchi dovrebbero pagare più tasse e le detassazioni dell’era Bush dovrebbero essere eliminate entro l’anno”. I sostenitori dei tax cut alle classi più agiate sostengono che questi sono utili all'intera società in quanto aumentano la propensione alla spesa, favorendo la domanda interna e, in poche parole, facendo girare l’economia. Ma Buffett replica che “i ricchi lo dicono sempre…ma questo principio non ha funzionato negli ultimi 10 anni”.  
Il Paperone del Nebraska dice che le tasse vanno tagliate alla classe media e ai meno  abbienti, mentre bisogna puntare sui grandi capitali perché “noi ricchi stiamo meglio adesso di quanto non lo siamo mai stati”. 
Ma che strani questi americani: hanno un tale senso della collettività (e della storia) che chiedono allo stato di mettere le mani nelle loro tasche per il bene comune (presente e futuro).   

La classe non è acqua

"Vedere il coglione di Bersani protestare con gli studenti, lui che con il suo partito ha distrutto la scuola, non ha prezzo"
Dal sito antiKomunista (blog "segnalato" dal sito del PDL)


24 novembre 2010

Pace sociale

"dimettetevi tutti, fate governare per un po' la sinistra e i finiani.ci riempiranno di tasse e immigrati,ma almeno scoppiera' la guerra civile.e la faremo finita"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

Zorro alla Bocconi

Il paese dei furbi è in affanno (come dicevo anche nel post Viale del Tramonto): fin quando si competeva tra di noi in una sorta di campionato locale l’attitudine nazionale ad approcciarsi alle regole con scaltra flessibilità ha pagato proficui dividendi, ma adesso che la globalizzazione ha imposto una competizione su scala planetaria, ad aziende e sistemi-paese, le cose sono cambiate e l’Italia, da sempre paese che accetta il cambiamento con riluttanza, non riesce ad apportare quei cambiamenti radicali che le possano consentire di mettersi al pari degli altri.

Purtroppo, quando si tenta di affrontare le questioni nodali spesso si viene tacciati, nell’avvilente dibattito politico nazionale, di moralismo o, più sbrigativamente, di comunismo. Il che è ovviamente è risibile, ma la tecnica produce ancora risultati su una larga fetta dell’opinione pubblica (poco informata e poco scolarizzata, se proprio vogliamo dirla tutta).

Che la situazione sia piuttosto grave lo conferma il discorso pronunciato ieri da Guido Tabellini, Rettore dell’Università Bocconi, all’inaugurazione dell’anno accademico (la sintesi ufficiale la trovate qui). Il problema del nostro paese, a cui da oltre 15 anni la classe dirigente non riesce a dare soluzione, è la bassa crescita economica, precipitata dagli anni ’60 ad oggi costantemente: negli anni del boom il Pil pro capite (cioè la ricchezza media della popolazione) è cresciuto del 55%, ma anche nelle decadi successive il paese cresceva più dei partner europei, fino al rallentamento degli anni ’90 (crescita del 12%) e al crollo degli ultimi 10 anni in cui si è registrata addrittura una decrescita.

Il Rettore prova anche ad avanzare delle spiegazioni a questo fenomeno e lo fa con un punto di vista assolutamente interessante e spiazzante: è la mancanza di legalità “che ostacola il buon funzionamento delle istituzioni”, e ancora, con maggior precisione, “la tutela dei diritti di proprietà, l’eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge, la protezione dall’abuso da parte dei governi spiegano la differenza tra i paesi ricchi e quelli poveri più di qualunque altra variabile economica, sociale o geografica…i paesi dove le istituzioni tipiche di uno stato di diritto e in particolare la giustizia funzionano meglio tendono a specializzarsi in settori produttivi più sofisticati”.

L’analisi del Rettore è impietosa, soprattutto per chi si alimenti principalmente dei dibattiti politici in TV che stanno ben attenti a non parlare di queste questioni, preferendo le frivolezze del chiacchiericcio di palazzo. La nostra economia appare essere tecnologicamente arretrata e questo ci mette a confronto con i paesi di recente industrializzazione (vedi Cina) con i quali la competizione può essere solo sul prezzo e quindi inevitabilmente perdente per noi a causa dei costi più bassi con cui i nuovi paesi possono abbattere la concorrenza dei manifatturieri tradizionali. Non solo, la nostra economia appare anche organizzativamente arretrata, con il culto feudale per la piccola e media impresa, perchè “stenta ad attuare il decentramento organizzativo che meglio si addice alle nuove tecnologie” (ma questo provate a spiegarlo alle camicie verdi, anche con un grafico produrrebbero solo dei grugniti gutturali di sbigottimento).

Silvan, un futuro da
direttore di TG
La conclusione del discorso è tutta dedicata a due malattie tipicamente italiche: l’evasione e il clientelismo. La prima “è un cuscinetto che permette di mantenere situazioni di inefficienza ed eccessiva frammentazione della struttura produttiva, riducendo la competitività sui mercati aperti” (appunto, come dicevo all’inizio: finchè si giocava tra di noi potevamo permettercelo, adesso non più), mentre il clientelismo produce “la prevalenza della fedeltà rispetto al merito e fa fuggire le persone di talento”, impoverendo in tal modo il nostro sistema economico complessivo.
Della precisa analisi di Tabellini nessun TG ha parlato.
In compenso tutti hanno fatto analisi linguistiche sul termine “vajassa” con cui la Carfagna ha apostrofato la Mussolini. 
L'informazione sa nascondere le cose meglio della prestidigitazione. 

22 novembre 2010

Sinagoga centrista

"Chi sono Fini e Casini per dire a Berlusconi di dimettersi?Solo noi che lo abbiamo votato possiamo decidere,loro che vadano nel ghetto che è il loro posto!!!!"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

Italian Senator

Un tempo non ci filava nessuno. 
Durante l’egemonia DC (anche se oggi qualcuno prova a far credere, con un certo successo, che il paese sia stato sotto il tallone dei comunisti per 50 anni) la nostra politica estera era grigia come i politici che guidavano la Farnesina: i vari Fanfani, Moro, Rumor, Forlani, Colombo, Andreotti, erano personaggi al vertice della politica italiana, ma di certo non erano dei giganti internazionali e quindi il nostro paese poteva passare inosservato.

Adesso le cose sono cambiate, la nostra politica spettacolo si impone anche nei consessi internazionali, la nostra diplomazia ha una visibilità impensabile un tempo, la nostra classe dirigente conquista pagine cartacee e in html in tutto il pianeta.
Un tempo non saremmo mai stati in grado di conquistare una gag nel programma comico di punta della NBC 30 Rock, vincitore per 3 volte dell’Emmy come miglior serie comica. Grazie agli sforzi di una classe politica sempre pronta a dare lustro al paese adesso ce l’abbiamo fatta, siamo dentro 30 Rock:


21 novembre 2010

La banda è tornata

I ragazzi della Magliana sono tornati, armati “de feri” che sparano e di ferocia che (volenti o nolenti) affascina.
Per chi temeva che il miracolo produttivo della prima stagione fosse una magica miscela irripetibile, questa settimana Sky ha risposto mandando in onda una prima puntata della nuova stagione da lasciare intontiti per bellezza visiva, eleganza stilistica e sublime regia.

Una vera, indiscutibile eccellenza italiana, che non ha nulla da spartire con ciò che ci viene normalmente propinato dal piccolo schermo domestico (e addomesticato): agiografie di santi di tutte le epoche, stucchevoli biografie melò, antologie di categorie professionali (avvocati, carabinieri, marescialli, preti) o quadretti familiari da spot anni ’80.
Romanzo criminale non è nulla di tutto questo: per qualità e intensità, può essere messa sullo stesso piano delle migliori produzioni americane degli ultimi anni, e ciò gli è stato riconosciuto dai massicci e inusuali acquisti all’estero del prodotto. In Francia la prima stagione è stata trasmessa da Canal+ (qui una clip), mentre in Spagna, con l’ottimo titolo di Roma criminal, è stata mandata in onda da Digital+ (qui una clip che evidenzia l’orrendo doppiaggio). La serie sembrerebbe prossima anche allo sbarco negli USA, solitamente piuttosto impermeabili alle produzioni cine-tv: gli americani accolgono le macchine giapponesi, le scarpe italiane, i vini francesi e i soldi cinesi che finanziano il loro debito pubblico, ma per quanto riguarda film e serie rimangono a forme di autarchia da prima metà del ‘900. La HBO, il canale cult degli ultimi anni che ha creato Band of Brothers, Sex and the City, Sopranos, avrebbe acquistato i diritti della serie italiana, non si sa ancora se per trasmetterla o per girarla ex novo adattandola agli USA (pessima pratica, ma assai frequente da quelle parti).

Della prima puntata ricordo soprattutto la sequenza di puro lirismo in cui Bufalo, straziato dalla morte del Libanese alla fine della prima stagione, fa irruzione nell’obitorio per prendere la bara in cui riposa l’amico. Bufalo non riesce a staccarsi fisicamente dall’amico, vuole mantenere con lui ancora un contatto fisico, quindi vitale, e mentre trascina con dolore e fatica il feretro fuori dall’obitorio il suo dolente percorso è accompagnato dalla perfetta scelta musicale di Total Eclipse of the Heart (in versione ridotta e leggermente rimontata per venire incontro alle esigenze di scena).
Una sequenza in cui immagini e musica si fondono alla perfezione dando allo spettatore una profondità emotiva e una potenza visiva rara.
Posso dire una cosa forte?
Siamo a livelli Tarantiniani.




(Turn around) every now and then I get a little bit lonely and you're never coming round 
(Turn around) every now and then I get a little bit tired of listening to the sound of my tears 
(Turn around) every now and then I get a little bit nervous that the best of all the years have gone by 
(Turn around) every now and then I get a little bit terrified and then I see the look in your eyes 

(Turn around, bright eyes) Every now and then I fall apart  (X2)


(Turnaround) Every now and then I get a little bit restless and i dream of something wild 
(Turnaround) Every now and then I get a little bit helpless and im lying like a child in your arms 
(Turnaround) Every now and then I get a little bit terrified but then I see the look in your eyes 

(Turn around, bright eyes) Every now and then I fall apart (X2)

And I need you now tonight 
Cause we'll never be wrong together 
We can take it to the end of the line 
Your love is like a shadow on me all of the time 


I don't know what to do and I'm always in the dark 
We're living in a powder keg and giving off sparks 

I really need you tonight 
Forever's gonna start tonight 
Forever's gonna start tonight 

 Once upon a time I was falling in love
But now I'm only falling apart 
There's nothing I can do 
A total eclipse of the heart