24 dicembre 2010

Laicisti di destra

"Casini ? è la longa manu del vaticano che fruga nelle tasche e nelle libertà del popolo italiano per derubarlo di libertà e risorse. COME SEMPRE. Fuori dalla società civile italiana questo partito di dipendenti di uno stato straniero che votano CONTRO di noi"
da Il Giornale - commenti dei lettori

21 dicembre 2010

RAI spot

La RAI è un servizio pubblico tutt’altro che perfetto, ma non certo per colpa sua: da decenni è usata malamente dalla classe politica di destra e di sinistra come ufficio di collocamento per la creazione di clientele e come servile strumento di propaganda. Nonostante questo è anche campo di battaglia dei politici che l’accusano di essere di parte: la destra criminalizza lo spazio di Santoro con la stessa veemenza con cui la sinistra attacca il TG1 di Minzolini. Essere uno scenario di guerra rende la televisione pubblica un campo di battaglia apocalittico spesso al centro di polemiche infuocate. Ma la RAI, nonostante tutto, rimane un assett culturale di questo paese con una grande e nobile tradizione. 

Nord e Sud ne La Grande Guerra
Il primo elemento unificatore degli italiani fu la tragedia della Prima Guerra Mondiale quando una generazione che nulla aveva in comune, nemmeno la lingua, si ritrovò a combattere un conflitto incomprensibile nel sangue e nel fango delle trincee del Nord Est, conoscendosi e solidarizzando nella difficoltà. 
Il secondo elemento di unione degli italiani fu, e mi rendo conto che la tesi possa risultare a molti indigesta, il fascismo che fu anche movimento di popolo che galvanizzò per buona parte degli anni ’30 la borghesia e il proletariato, al Nord come al Sud.
Poi fu la volta del boom economico e della connessa emigrazione di massa che fece vivere per la prima volta a stretto contatto milanesi con pugliesi, torinesi con siciliani e, ma questo nessuno lo dice mai, romani con veneti: già negli anni 50 la capitale fu letteralmente invasa da domestiche che fuggivano dalla miseria delle campagne padane, curiosamente, nonostante queste donne fossero migliaia, non hanno lasciato traccia nei cognomi romani perché pur sposandosi e vivendo tutta la loro vita a Roma nessuno dei loro figli e nipoti porta con se tracce di quei cognomi squillanti che finivano con i suffissi –an, -on e –in.

Ma questi elementi hanno avuto connotazioni economiche, sociali e politiche, l’unità culturale l’ha fornita in via quasi esclusiva la RAI che, dal 1954, è entrata prima nei luoghi di ritrovo (i bar, i circoli) e poi nelle case fornendo agli spettatori un linguaggio comune che prima non esisteva a livello di massa. E ora la RAI rivendica con giusto orgoglio questo primato lanciando una gran bella campagna per il canone 2011 (che è la tassa più evasa del paese con 6 Milioni di famiglie che fanno finta di non avere la tv in casa) in linea con il 150° anniversario dell’Unità.
Gli spot, diretti dal regista Alessandro D'Alatri e che trovate alla fine del post, sottolineano, in maniera leggera e ironica con una serie di gag, come aver fornito agli italiani una lingua comune ci abbia permesso di comunicare, di riconoscerci come persone che hanno un legame e quindi di essere Nazione (e non mero popolo). E’ una gran bella campagna di comunicazione, la migliore operazione legata all’anniversario dell’Unità che al momento sia stata fatta (e dubito che ce ne saranno di migliori con l’aria che tira), con la quale la RAI alza la testa e rivendica il suo ruolo di servizio pubblico.

Ovviamente a qualcuno la cosa non è piaciuta e alcuni Leghisti, ritenendo la campagna offensiva nei confronti dei dialetti, hanno risposto con dei video-appelli nelle loro lingue gutturali per boicottare il pagamento del canone.
Ora, a parte il fatto che incitare all’evasione fiscale per chi siede in Parlamento è cosa assai discutibile, soprattutto nella contingente fase economica in cui le casse pubbliche sono drammaticamente sotto pressione, ma va detto che la campagna non ha nulla di offensivo nei confronti dei dialetti, anzi li presenta in forma divertente, ma, giustamente, evidenzia la funzione unificatrice della lingua italiana. 
I dialetti sono un patrimonio della cultura italiana, fanno parte della nostra tradizione localistica e sottolineano il diverso passato delle genti che da 150 anni formano il popolo italiano, ma essi non possono essere conservati attraverso atti di legge. Non ha senso salvaguardare il dialetto insegnandolo a scuola, perché il dialetto è lingua di strada e non di accademia. Il dialetto non va difeso dall’alto perché esso nasce dal basso: il dialetto è patrimonio del Popolo e non del Palazzo. Gli usi linguistici locali vivranno finchè saranno forti abbastanza da continuare a vivere parallelamente all’italiano e non c’è aiuto di stato che possa mantenerli in vita se essi saranno abbandonati dalle persone che ne fanno uso. 
L’uso della terapia intensiva per i dialetti denota debolezza, insicurezza, timore di non saper salvaguardare le proprie tradizioni davanti all’avvento del nuovo mondo globalizzato. I Leghisti amano i toni guasconi, le esibizioni muscolari, il linguaggio ruvido, ma tutto questo sottende, come sempre, una gran paura di non essere forti abbastanza per rimanere se stessi.

17 dicembre 2010

Com'è buono leeeeei

"ON. BERLUSCONI LEI é semplicemente una GRANDE PERSONA"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro


King, Sordatino e Assange

Assange non si capacita
di aver sbagliato la Tris

Qualche giorno fa prevedevo che Julian Assange sarebbe stato eletto uomo dell’anno da Time. Siccome sono onesto intellettualmente, ammetto la sconfitta in quanto la rivista americana, un po’ a sorpresa ha indicato in Mark Zuckerberg l’uomo più importante del 2010 per “aver connesso più di mezzo miliardo di persone, mappando le relazioni sociali tra loro, per aver creato un nuovo sistema per lo scambio delle informazioni e per aver cambiato il modo in cui viviamo le nostre vite”.

A parte la solennità un po’ eccessiva della motivazione, la rivista ha messo il creatore di Wikileaks tra i “piazzati” (runners-up) insieme a Hamid Karzai (declinante presidente afgano), i minatori cileni (pronti per i reality show di mezzo mondo) e i Tea Party (movimenti della destra radicale, prossimante anche sui nostri schermi a guida Santanchè). Un piazzato come un King o un Soldatino o un D’Artagnan qualsiasi.

La scelta pare alquanto opinabile e infatti gli stessi lettori della rivista, in un sondaggio sul sito di Time, si erano espressi massicciamente in favore dell’uomo di comunicazione che ha creato il maggior terremoto mediatico e diplomatico degli ultimi anni. Inoltre non si vede come Zuckerberg possa aver avuto un impatto cosi forte nel mondo reale e virtuale dato che il suo Facebook non è esploso quest’anno, ma già da qualche tempo e che tutt'al più quest'anno si è consolidato. Forse la scelta può essere spiegata con la dietrologia dato che alcuni sospettano (è il caso del seguitissimo Huffington Post) che la redazione del Time possa aver subito delle pressioni da parte dell’amministrazione americana che in questo periodo inizia a soffiare vapore dalle orecchie ogni volta che sente nominare l’australiano. Anche perché il governo USA avrebbe una gran voglia di mettere le mani su Assange per poterlo processare per spionaggio ben sapendo di rischiare un clamoroso buco dell’acqua visto che c’è una secolare giurisprudenza della Corte Suprema molto favorevole alla più assoluta libertà di stampa e molto poco incline a dare protezione a qualunque forma di segretezza statale.

Stalin sul palco
mentre ritira il premio di Time
Insomma Time ha preso una bella toppa perché, per quanto riguarda il 2010, non c’è paragone tra la potenza politico-mediatica espressa da Assange e quella di Zuckerberg. Ma non è la peggiore cantonata della rivista nella sua storia: Joseph "Peppone" Stalin fu insignito del titolo per due volte e per motivi praticamente opposti. Nel 1939 vinse subito dopo lo scellerato patto di non aggressione Ribentrop-Molotov tra URSS e Reich. Solo 3 anni dopo vinse di nuovo nel bel mezzo della sanguinosa difesa di Stalingrado, le cui premesse erano state gettate proprio nel suddetto accordo rimasto lettera morta. 

16 dicembre 2010

Liberali che non fanno prigionieri

"Grande Presidente! adesso niente prigionieri dobbiamo distruggerli con le loro bandiere rosse e nere. Avanti con la rivoluzione liberale non si devono riorganizzare"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro


Prospettiva storica

Anche grazie alle preghiere del pio Bondi, Berlusconi porta a casa la fiducia e la sinistra, in compagnia per la prima volta del centro di Casini e del progetto di nuova destra di Fini, incamera l’ennesima sconfitta. Sono talmente abituati a celebrare gli eventi nefasti che potrebbero mettersi in affari nel settore delle pompe funebri, un business che per definizione non muore mai…e che permette di lavorare (e fatturare) in nero. 
Sotto il profilo politico effettivamente quella registrata qualche giorno fa è una sconfitta: per l’ennesima volta un ceto politico che definire mediocre significherebbe fargli un complimento irrealistico, ha venduto la pelle del caimano prima del tempo…e senza nemmeno trovare un accordo su che modello di stivali farci. Altresì sotto il profilo etico (e forse anche estetico) la vittoria dell’eterno arcoriano avrà conseguenze sulla putrefazione del sistema istituzionale, che non ha mai brillato, nemmeno prima della leggendaria discesa in campo, per trasparenza e onestà.

Ma sotto il profilo storico la vittoria sul filo di lana di SB ha, a mio avviso, una valenza positiva. Con il tentativo di sfiducia alla Camera si è offerto all’Egocrate una via d’uscita pacifica e pulita dalla palude della vita pubblica italiana. Se Papi avesse avuto una visione storica, l’avrebbe afferrata al volo, ma egli l’ha snobbata accecato dalla sua brama di potere. Mentre oggi il PdL e il suo domine festeggiano, non si rendono conto che hanno appena buttato alle ortiche un’offerta munifica che le miopi opposizioni gli avevano offerto su un piatto d’argento. Un exit strategy finemente confezionata che lo avrebbe fatto ricordare come il leader che era stato in grado di tenere a galla l’Italia prima che la tempesta la travolgesse. E questo esito sarebbe stato sommamente ingiusto perché avrebbe consentito alla figura storica di Berlusconi una possibile rilettura positiva che proprio non merita.

Il timoniere è ancora lui, per quanto con una maggioranza assai risicata, e si appresta lui, con il suo fedele equipaggio, ad entrare nel Maelstrom del biennio 2011-12. Nei prossimi due anni la crisi continuerà a farsi sentire in tutto l’occidente e i paesi deboli o che non hanno fatto le scelte che sarebbero state necessarie per tempo saranno esposti più degli altri alle turbolenze. Nel 2011, secondo le recenti stime della Commissione Europea, la crescita economica dovrebbe essere la stessa dell’anno in corso (+1,1%), cioè una crescita che ancora una volta non sarà in grado di creare nuova occupazione e che sarà ben al di sotto della media dell’area Euro (prevista a +1.7%). Tanto per fare un esempio dei paesi che, secondo la propaganda televisiva, stanno peggio di noi: la Francia nel 2011 dovrebbe crescere dell’1,6%, il Belgio dell’1,8%, UK e Germania addirittura sopra il 2%.

Purtroppo della Svezia abbiamo
solo la pressione fiscale
Si entra in questo biennio non facile con lo zainetto bello carico: a ottobre il debito pubblico ha raggiunto il record di 1.867 Mld € cioè il 118% del Pil. Tempo una manciata di mesi e potremo festeggiare, tutti invitati in una residenza a piacere del Premier, quota 120%. E sarà quindi interessante vedere cosa accadrà nel primo semestre del prossimo anno quando andranno in scadenza titoli pubblici italiani per 73 Mld € (tutti gli altri Pigs messi assieme, Portogallo, Spagna e Irlanda, arrivano a 25 Mld €). E siccome non vogliamo farci mancare nulla per poter stappare lo spumante come si conviene alle nostre tradizioni, ecco che la pressione fiscale è in crescita: nel 2009 (ultimo dato disponibile) se n’è andato in tasse il 43,5% del Pil, ormai siamo a livelli scandinavi (in Svezia è al 46,4%), ma con un clima migliore, anche se con servizi di qualità leggerissimamente inferiore (per non parlare della carenza di bionde naturali che attanaglia il paese e le feste a Villa Certosa).

Il prossimo biennio sarà molto complicato sotto il profilo economico e i nostri creditori (il 70% del nostro debito pubblico è in mani straniere, in prevalenza francesi e tedeschi) inizieranno a esercitare una certa pressione sulle nostre palle. Sarà il momento delle scelte difficili, quelle che l’uomo che vive di sondaggi quotidiani e che è del tutto accecato dal desiderio di rimanere in sella non ha mai avuto il coraggio di fare. Quallo sarà il momento in cui il berlusconismo cadrà come merita in prospettiva storica: rovinosamente. Un'epica e dolorosa disfatta per lui, che nel baratro ci ha portati, e per il paese, che incantato dal sogno, ci si è fatto portare.

3 dicembre 2010

Hulzicher?!?

"Cara Hulzicher ,visto che tu dici che all'estero ci considerano dei buffoni a causa di Berlusconi,perchè lavori per canale 5?Rimani in Germania a fare la fighessa"
Dal sito del PDL - Spazio Azzurro

Il Buco della serratura

Alcuni esponenti della nostra gloriosa e amorevole destra sostengono che le informazioni provenienti da Wikileaks sono false. Ovviamente le cose non stanno cosi: il sito di Assange sta mettendo in rete con avveduta lentezza (siamo a quota 600 su 250 mila) delle lettere (cable) che le varie ambasciate americane sparse per il mondo inviano al governo centrale per fornire informazioni su ciò che accade o su ciò che potrebbe accadere. Alcune notizie sono certe, altre sono solo previsioni o analisi, altre ancora sono deduzioni e altre sono basate su voci riferite da fonti più o meno autorevoli. Il tutto senza che vi siano formalismi di sorta perché la comunicazione deve essere la più asciutta e sintetica possibile in quanto ogni giorno ne vengono prodotte (e poi analizzate) migliaia.
In ogni caso ciò che rende succulenta questa documentazione è che permette di guardare dal buco della serratura il grande potere, quello che di solito è intangibile ai comuni mortali, quello che ama celarsi dietro le spesse coltri della diplomazia.
Ora che il sito è meno appesantito dal traffico dei primi giorni sono andato a dare un’occhiata ad alcuni dei cables che l’Ambasciata Americana di Roma ha inviato a Washington e ho trovato la lettura irresistibile, nettamente meglio di qualunque Novella 2000 sotto l’ombrellone. La più interessante, per ora, è quella relativa all'incontro, del 30/12/2009, tra l’Ambasciatiore Spogli, tuttora in carica, e un Berlusconi ancora convalescente dopo l’attentato di Milano, presente anche Gianni Letta, definito il “braccio destro del Premier”. Durante la chiacchierata di 3 ore emergono alcuni spunti interessanti che meritano di essere raccontati.
Schermata del documento 10ROME1
Berlusconi dice all’Ambasciatore che “la stella di Sarkozy è chiaramente declinante nei circoli europei…il Presidente Francese non ha più la stessa influenza che aveva un anno fa” (per gli scettici cito la frase in inglese Sarkozy’s star was clearly waning in European circles and that the French President did not command the same influence he did a year ago”). A questo punto mi posso immaginare la faccia perplessa (giusto una piccola ruga frontale supplementare, niente di visibile per carità) dell’austero Gianni Letta che “meno convinto” tiene a precisare all’Ambasciatore che SB e Sarkozy sono (e qui mi permetto una traduzione libera) come “due grossi cani che litigano per lo stesso riflettore” (letterale “big dogs angling for the same spotlight”). Mentre si parla del più e del meno, ma anche dei rapporti tra Italia e Russia, guarda caso arriva una telefonata di Putin (questi ex mangia-pargoli del KGB hanno un tempismo perfetto).

Letta fa cenno al Premier di
ponderare meglio ciò che dice
Poi si parla di questioni interne. E qui lo show è totale. 
La magistratura è “il più grande problema italiano” ed SB è pronto a riformare il settore grazie ad “un’alleanza con il centro-sinistra”. Come sempre, Letta interviene mostrandosi più cauto sulla possibilità di addivenire ad un risultato d’accordo con l’opposizione. Anche su questa emergono delle opinioni sorprendenti. Bersani viene definito un oppositore “onesto, schietto, giusto e di grande intelligenza” (“straight shooter who was fair with a top rate intellect”). Cioè una cosa che in Parlamento o in conferenza stampa il premier non ammetterebbe mai e poi mai, nemmeno se venisse torturato con i ferri roventi da Michele Santoro e da Bianca Berlinguer vestiti, rispettivamente da Batman e Cat Woman. Poi interviene Letta che aggiunge di avere stima per Massimo D’Alema anche se la sua permalosità e il suo atteggiamento da “più intelligente nella stanza” rendono difficile lavorare con lui.

Per quanto riguarda l'economia, dopo proclami biennali in base ai quali la crisi non avrebbe toccato l’Italia, poi che la crisi era passata e poi ancora che il nostro paese stava attraversando i marosi meglio degli altri, nel clima conviviale della giornata Berlusconi si lascia sfuggire di essere “preoccupato delle ridotte prospettive di crescita per il 2010” e che sarà “difficile produrre una crescita sufficiente a produrre posti di lavoro” (sempre per gli adoratori del sacro verbo berlusconiano: “concern about the limited prospects for economic growth in 2010. Berlusconi thought that Italy had weathered the past year of the financial crisis fairly well but thought it would be a challenge to produce enough growth in 2010 to start replacing jobs lost”).
L’impressione conclusiva di Spogli è che Letta sia da considerare “co-regnante” e che in più occasioni il sotto segretario manifesta  apertamente “punti di vista opposti a quelli del capo” (e anche qui per evitare obiezioni “with Berlusconi deferring regularly to his colleague and with Letta airing opposing points of view to his boss during the luncheon”).

Letta cosi come 
visualizzato da SB
Per me però il momento più significativo è all’inizio dell’incontro quando il Premier lamenta i danni per il recente attentato patito a Milano. Qui Letta prende da parte l’Ambasciatore (me lo immagino che garbatamente lo prenda sottobraccio per allontanarlo dalle orecchie dell'uomo di Arcore) e gli confida che Berlusconi ha sofferto il lancio della statuetta al punto da cadere in depressione, per poi aggiungere con tono mellifluo “Lui è un impresario…vorrebbe essere amato da tutti” (“he’s an impresario, he wants everyone to love him”). 
L'impressione che personalmente ho ricavato da questo documento, redatto da un diplomatico americano e non da un tronista di passaggio in cerca dei favori dell' "impresario", è che il Presidente del Consiglio abbia un rapporto con il suo fedele braccio destro vagamente simile a quello che c'è tra un degente un pò avanti con gli anni e un infermiere affettuoso e prodigo di cure. 
E vi pare poco osservare i potenti dal buco della serratura?

2 dicembre 2010

Finalmente ho trovato un commento violento a Sinistra

"Berlusconi non arriverà mai ad Antigua...sarà appeso come un maiale assieme ai suoi laidi prosseneti"
Dal Blog di Beppe Grillo