Giorgio Stracquadanio, deputato PDL, è cool, anzi è fico come Fonzie. Ha in se il fascino irresistibile della purezza adamantina, quella che non conosce incertezze politiche e frivolezze istituzionali. Nonostante un volto che può ricordare vagamente Stanlio, è un duro e puro degno di un romanzo di Dashiell Hammett, uno di quei personaggi dal grilletto facile e dalla lingua velenosa. E’ lui il vero erede spirituale di Cesare Previti (e un po’ forse lo ricorda anche nella fisionomia), il falco per anotomasia della neonata Forza Italia che nella campagna elettorale del 1996 annunciava che la destra, dopo la vittoria nelle urne, non avrebbe fatto “prigionieri” (poi vinse la sinistra guidata da Prodi, ma questa è un’altra storia).
In questi ultimi giorni Stracquadanio mi sembra particolarmente attivo. Sul suo sito (piuttosto ben fatto per gli standard dei politici italiani) c’è un contributo che accosta Berlusconi a De Gaulle, anche se poi nell’articolo si parla solo di SB e quindi l’analogia appare piuttosto fumosa (ma lo sarebbe stata comunque dato che i due personaggi sono distanti tra loro quanto galassie).
Nella giornata di martedi sono uscite due sue brevi interviste su giornali “nemici” di sponde opposte, il Fatto e il Secolo, ma lui, essendo un duro, non si è fatto certo intimorire ed anzi ha affrontato i taccuini e le penne avversarie a petto in fuori come Salvo D’Acquisto nelle immagini in stile Domenica del Corriere che ancora compaiono sui calendari dei Carabinieri.
Quando parla al Secolo infila una battuta al curaro sulla convention dei finiani, della quale ha apprezzato “la scenografia, molto berlusconiana, bello il palco, bello lo sfondo”. Come a dire: questa politica dei contenuti mi sembra effimera quanto quella che vorrebbe criticare. Poi, e immagino che lo abbia detto con una sigaretta a mezza bocca alzandosi il bavero dell’impermeabile, smonta in maniera mirabile le accuse di scarsa democrazia all’interno del PdL: “con questa storia della democrazia interna abbiamo perso tempo”. Cioè, ci accusano di essere un partito poco democratico, ma per noi questo è un fattore di modernità. Insomma, quello che è stato definito “centralismo carismatico” (caso praticamente unico nelle democrazie occidentali) è una prerogativa da difendere.
Sul Fatto va ancora meglio: aggressivo come un falco e scattante come un cobra. L’Onorevole attacca il PDL che, a suo dire, non sta facendo le barricate a difesa del proprio leader, ma soprattutto è perplesso dal fatto che nessuna delle ministre in carica (Carfagna, Gelmini, Meloni e Prestigiacomo) abbia speso delle parole forti a difesa del Premier. Carica la lingua con la cicuta e dice: “senza Berlusconi nessuno avrebbe scommesso una moneta su nessuna delle ministre in carica…se uno sa che senza B non avrebbe avuto un presente, dovrebbe essere abbastanza (?) da immaginare che senza B non avrà un futuro”. E anche la possibile fronda interna al partito, composta da quelli che potrebbero non essere aprioristicamente contrari ad un governo di transizione, è servita con parole taglienti quanto diamanti: siete tutti dei miracolati di San Silvio, senza di lui tornerete a fare, se tutto va bene, gli igienisti dentali.
Manicheo, duro, sardonico, impietoso. Altro che Philip Marlowe, sembra proprio Harry"Dirty"Callaghan
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